Il partito di Conte vale il 12 %, voti da sinistra

Il sondaggio: "Ruberebbe consensi al Movimento 5 Stelle e al Pd". Cresce l'ipotesi che il premier balli da solo

Il premier Giuseppe Conte (LaPresse)

Il premier Giuseppe Conte (LaPresse)

Roma, 6 giugno 2019 - E se Giuseppe Conte si facesse un suo partito? La domanda può apparire oziosa oppure degna di un bel romanzo d’appendice. Ma non è così. Lo ha dimostrato Antonio Noto ceo di Noto Sondaggi nell’ultima puntata di Cartabianca, il programma di Bianca Berlinguer su Rai 3. Prima domanda, spontanea: da chi proverrebbero i voti? «Soprattutto – chiarisce Noto – dai Cinquestelle. Poi dal Pd e, in parte minore, da altre formazioni di centronistra, in particolare da +Europa». Nel dettaglio: «In tutto Conte raggiungerebbe, secondo la nostra ricerca, il 12 per cento dei voti. Insomma, il suo partito avrebbe un peso non secondario nel panorama politico». Al netto dei votanti «il 7 per cento proviene dai 5 stelle; il 3 dal Partito democratico; il 2 da altre formazioni, come + Europa».

Balza agli occhi un dato: il presidente del Consiglio non pesca assolutamente nell’area della destra. Non ruba voti a Matteo Salvini, a Giorgia Meloni e a Silvio Berlusconi. Ma qual è il livello di fiducia per Conte? Anche in questo caso la risposta fa pensare che l’ipotesi di un partito o di una formazione politica strutturata non sia così fantascientifica. Infatti, se al primo posto c’è saldamente in testa Matteo Salvini (48%), subito dopo ecco il professore-avvocato al 42. Distaccati, ma di molto, in terza fila il capo politico dei Cinquestelle Luigi Di Maio e il leader del Pd Nicola Zingaretti, entrambi al 28 per cento; Giorgia Meloni si piazza al quarto posto con il 24 e Silvio Berlusconi al quinto col 18 per cento. 

Insomma, Conte c’è. «E molto ha contribuito all’idea del ‘partito di Conte’ – sottolinea Noto – l’inconsueta conferenza agli italiani. Un canale di comunicazione un po’, come dire, ‘strano’. Da una parte per parlare a suocera e nuora, cioè ai due alleati di governo. Dall’altra per dare un significato chiaro della sua azione politica agli italiani: io non sono attore passivo rispetto alla forza dirompente di Salvini, ma attivo. Dico la mia. Il che potrebbe tradursi con una idea di fare un partito in proprio». Per Noto, Conte è l’unico che può dividere i Cinquestelle. Il che ci riporta alla conferenza di cui sopra. Una frase emblematica: «Non ho votato per il M5S» (facendo intendere che la sua preferenza è andata al Pd?) e una battuta (altrettanto emblematica): «Che cosa potrei fare dopo palazzo Chigi? L’allenatore della Roma». Conte è tifoso giallorosso di prima fascia, ma la risposta è ovviamente paradossale. Però non ha risposto «mai più politica» o «torno a fare il professore». 

Di fatto, un Conte che piglia voti ai Cinquestelle (specie al Sud: non perché è di Foggia, ma perché il Mezzogiorno è ancora il luogo fisico dove i grillini pigliano voti) presuppone un disegno rivolto al centrosinistra. Che ha un Pd in leggera ripresa, ma non una leadership fortissima (Zingaretti). Un progetto che potrebbe portare le formazioni alleate Conte e Pd a un 34 per cento in grado di dare filo da torcere alla Lega.