Giovedì 18 Aprile 2024

Giuliano Urbani: "L’unione è la fine di Forza Italia". L’ideologo del Cav stronca l’intesa

L’ex ministro fu tra i padri fondatori: "Gelmini e Carfagna hanno ragione. Meglio unirsi alla Meloni"

L’ex ministro Giuliano Urbani, 83 anni, con Silvio Berlusconi, 84 anni (Foto del 1994)

L’ex ministro Giuliano Urbani, 83 anni, con Silvio Berlusconi, 84 anni (Foto del 1994)

La primogenitura è sua. A inventarsi Forza Italia, il partito che avrebbe poi dominato per due decenni il quadro politico italiano, fu infatti Giuliano Urbani. Il professore emerito di scienza della politica all’Università Bocconi, si presentò un giorno di giugno del 1993 nella magione del Cavaliere Silvio Berlusconi per suggerirgli l’ipotesi di dar vita a una "formazione liberale di massa". Il resto è storia.

La parabola che iniziò con quella sua "pazza idea" si è conclusa?

"Sì, e non da oggi. È sempre stata indissolubilmente legata alla figura di Berlusconi: purtroppo l’anagrafe rema contro di lui".

Come la definirebbe ora?

"Un’occasione sprecata: sarebbe stato bello se avesse cercato non dico un successore, ma di fare in modo che quelle radici liberali attecchissero". 

Quale è stato per lei il momento d’inizio del declino?

"Quando ha avuto l’ultimo successo: gli ha fatto toccare il soffitto, e si è capito che oltre non poteva andare». Parla del 2008? «Più o meno, ma già qualche anno prima si era intuito che il meccanismo si era inceppato".

Perché?

"Intanto, perché il mondo era cambiato e il Cavaliere non poteva più raccogliere voti sollecitando gli italiani in nome dell’anticomunismo. Poi, aveva sbagliato alleati: non si può legare una formazione liberale a un partito di estrema destra come Alleanza nazionale, a una forza regionale qual era la Lega di Bossi e ai residui della Democrazia cristiana in un momento della storia poco favorevole alla Dc".

È un bilancio tutto negativo?

"No. C’è una parte positiva: ha fatto cambiare sia i suoi alleati che i suoi nemici. Ha costretto i comunisti a presentarsi con un volto nuovo, fermo restando che il fallimento del comunismo sovietico gli ha dato una grossa mano. Ha concorso a cancellare la Dc, ha indotto la Lega a diventare da secessionista federalista, e ha contribuito a stravolgere così tanto An, che si è sbriciolata con Fini".

C’è ancora bisogno di costituire un partito liberale di massa?

"Come l’aria che si respira. La democrazia funziona se liberale, altrimenti degenera".

Vede qualcuno candidato a occupare quella postazione?

"Adesso non c’è".

Sembra però che Coraggio Italia ambisca a sostituire FI in quel ruolo.

"Non credo. Forza Italia è Silvio Berlusconi".

Veniamo alla federazione: è una buona idea?

"Al contrario di ciò che pensa Salvini, io credo che la federazione punirebbe il centrodestra. C’è bisogno di una coalizione che rappresenti i tanti settori sociali del paese. Una federazione potrebbe, forse, andare bene se non è troppo rigida". 

Concorda con le ministre Gelmini e Carfagna?

"Certamente, hanno ragione quando dicono che non va fatta una federazione con Salvini. Sarebbe meglio con la Meloni".

Perché?

"Perché la Meloni non è figlia di nessuno: né di Giovanni Gentile né di Alleanza nazionale che è una cosa diversa. Non rinuncia al suo essere di destra ma è democratica".

Un anno lei fa considerava la Lega di Salvini un pericolo per l’Italia. È ancora così?

"No, è cambiato. Ha messo acqua nel suo aceto. Ma se non lui, una parte del suo elettorato ha invece venature razziste".

Neppure i più raffinati commentatori hanno capito bene perché Berlusconi si sia deciso a questo passo. Lei come lo interpreta?

"A essere maliziosi direi che vuole che FI muoia con lui".