Rimborsi 5 Stelle, Giulia Sarti accusa il fidanzato. Lui: "Ho registrato tutto"

L'ora della faida familiare. Andrea De Girolamo: vado in procura

Giulia Sarti (ImagoE)

Giulia Sarti (ImagoE)

Roma, 17 febbraio 2018 - Ora, ironizza Renzi, il M5s è il partito degli «ex onesti», ma la battuta del leader Pd è un po’ come sparare sulla Croce Rossa in questi giorni. Di Maio replica che «il Pd è un ex partito», ma intanto nel suo Movimento le vendette personali e certe dichiarazioni di ex parlamentari non aiutano, a solo quindici giorni dalle elezioni. A far notizia, in attesa di conoscere altri nomi che le Iene sembrano in procinto di divulgare sul fronte rimborsi, sono due parlamentari già finiti nella black list .

Andrea De Girolamo (Ansa)La prima è Giulia Sarti che ha scaricato la responsabilità degli errori sui rimborsi sull’ex fidanzato (23mila euro mancanti e poi saldati), ma lui, Bogdan Andrea Tibusche alias Andrea De Girolamo, ha rilanciato. A muso duro: «Vedremo come va a finire perché la verità è tutta un’altra, usciranno diverse conversazioni e forse non vi conviene esporvi ora. Vedrai che fine fa la querela. Vedrai i messaggi e le email, io in pubblico non rilascio nulla ma dritto in procura, perché ho un brutto vizio: Andrea De Girolamo». Sarti ostenta «massima tranquillità», ma la questione rischia di tramutarsi in una resa dei conti, anche personale, senza esclusione di colpi.

Diversa la situazione dell’ex senatore Maurizio Buccarella. Che la colpa se l’è presa tutta. Giustificandola a viso aperto: «Basta ipocrisie, senza quei soldi è impossibile garantire un impegno a tempo pieno in politica». «Quello che è accaduto – confessa l’avvocato salentino – è che nel tempo mi sono reso conto che la regola riguardante i compensi, che pure avevo accettato inizialmente, non si dimostrava adeguata alle esigenze di chi appartiene a una categoria professionale, come la mia, che, a fronte di costi e responsabilità che permangono nel corso del mandato parlamentare, non consente una sospensione dell’attività per un così lungo periodo senza conseguenze».

Ma c'è anche altro a rendere difficile il cammino di Di Maio verso le urne. Si promette agli elettori grillini la rinuncia al seggio dei colpevoli dello scandalo, fatto impossibile, in questa fase: è inattuabile. La questione era già emersa in riferimento allo scandalo Dessì, candidato al Senato nel Lazio, sospettato tra le altre cose di essere vicino al clan degli Spada. Diverso invece il caso dell’ammiraglio Rinaldo Veri, inizialmente candidato al Senato nel Lazio, che ha potuto ritirarsi – era già consigliere comunale a Ortona in una lista civica – perché le liste elettorali non erano ancora state chiuse. Una volta chiuse le liste, chi è candidato tale resta. Se viene eletto – e questo sarebbe il caso di Cecconi e Martelli, candidati in posizioni sicure – può ovviamente dimettersi e far subentrare il primo dei non eletti della propria lista.

Ma anche le dimissioni sono una questione complessa, come dimostra ancora il caso di Giuseppe Vacciano: eletto nel 2013, nel 2015 annunciò l’intenzione di dimettersi perché non condivideva più la linea del Movimento, ma Senato ha sempre respinto la sua richiesta. Insomma, il M5s non ha alcun modo di garantire che gli ‘impresentabili’ si dimettano una volta eletti.