
L'Italia dei conservatori, il libro edito da Giubilei che ripercorre la storia della destra
Roma, 14 aprile 2025 – "Gli italiani sono un popolo conservatore". Francesco Giubilei non ha dubbi. Editore e direttore scientifico della Fondazione Alleanza Nazionale, 33 anni, lo ha ribadito nell’ultimo libro, ’L’Italia dei conservatori’ (Giubilei Regnani).
Eppure per decenni ha vinto la Dc. Giubilei, lei è sicuro?
"È il nostro grande paradosso. Senza un grande partito conservatore, il voto di destra si è storicamente diviso tra Msi, monarchici e Dc, unico appiglio per contrastare il Pci. Da qui il montanelliano invito: turatevi il naso e votate Dc".
Dunque i conservatori c’erano.
"Se non come partito, perlomeno come indole e come approccio".
Ovvero?
"Difesa dell’identità, delle tradizioni locali, della famiglia, delle piccole e medie imprese".
Tutta questa difesa non vuol dire essere reazionari?
"Ci sono delle affinità tra conservatori e reazionari, così come ci sono con i liberali nel sentimento di difesa della nazione. Ma c’è anche una bella differenza. Il reazionario rifiuta il nuovo. Il conservatore lo accetta come ineludibile, ma vuole arrivarci con i propri valori".
E il governo Meloni com’è, più reazionario o più conservatore?
"FdI rappresenta oggi il cosiddetto governo della Nazione. Con gli alleati c’è un fisiologico dialogo interno, bilanciato da una capacità di portare a sintesi che affonda le sue radici nelle esperienze di governo avute dal 1994 a oggi. E poi non vedo delle possibilità per Lega e FI di pensare uno schema differente e che funzioni".
Meloni, si dice, è apprezzata più all’estero che in Italia.
"È un preconcetto figlio di una falsa percezione, sconfessata dai sondaggi. Questo è infatti il primo caso da vent’anni a oggi di un consenso che non cala nonostante l’esercizio del potere. A questo si somma, e non si contrappone, un ritrovato ruolo internazionale".
Farà bene ad andare da Trump?
"Certo che sì. Così come è certo che ci vada come presidente del Consiglio italiano, anche se...".
Anche se?
"È implausibile pensare che questa missione a Washington non sia stata coordinata con von der Leyen e con la Commissione Ue".
Sì, ma, a che titolo?
"Non è peccato avere un’affinità ideologica, dunque un rapporto privilegiato con il presidente Usa. Se poi, grazie a questo rapporto, si riuscirà a strappare condizioni migliori per l’Italia e per la Ue...".
La premier va in giro e si distrae sull’Italia. Vero o falso?
"Il numero di accordi internazionali portati a casa da questo Governo, dal Piano Mattei in poi, ci dice il contrario, ovvero che la politica estera a volte può esser un valido strumento di politica interna".
Gli italiani moderati sono conservatori ma non lo sanno, dice lei. E tra dieci anni, come saranno?
"Ritengo che il conservatorismo sia la strada per il futuro della destra italiana. Ma la sfida è arrivare a fine legislatura con una buona riforma della legge elettorale. Questa di adesso avvantaggerebbe la sinistra... se non fossero divisi".