Roma, 29 maggio 2025 – Esordisce chiedendo un minuto di silenzio per le vittime palestinesi e israeliane. L’aula della Camera prima, poi quella del Senato eseguono ed è quasi l’unico momento di concordia nel durissimo scontro che accompagna l’informativa del governo sulla situazione a Gaza. Antonio Tajani in realtà esprime la posizione più dura mai presa dall’esecutivo nei confronti di Netanyahu, che pure non nomina mai. Il ministro degli Esteri parla non a titolo personale ma in rappresentanza dell’esecutivo. Buona parte del quale siede accanto a lui, incluso Salvini: manca Giorgia Meloni in volo per Samarcanda. "La legittima reazione all’insensato attacco terroristico sta assumendo forme inaccettabili: Israele si fermi". Occorre "porre fine all’escalation e ripristinare il rispetto del diritto internazionale umanitario". Alza la voce: "Chi dice che il governo sta ignorando la crisi di Gaza offende la verità".

Elenca gli aiuti, che vanno dal cibo al supporto sanitario. Quindi chiosa: "Hamas deve liberare gli ostaggi". Su un punto è tranchant: "L’espulsione dei palestinesi da Gaza non sarà mai un’opzione accettabile". E dunque pieno appoggio al piano di pace arabo: "L’unica soluzione sono i due Stati". All’attacco contro Israele, accompagna una denuncia molto forte dei "rigurgiti di antisemitismo". Quindi chiede ed ottiene solidarietà per Liliana Segre: è il secondo e ultimo momento unitario di un Parlamento lacerato.
Tutto ciò non basta all’opposizione: considera le sue parole tardive e timide. Effettivamente sono diverse dai toni adoperati da altri leader europei, ma il punto critico è un altro. Insufficienti sono le scelte che dovrebbero tradurre in pratica la posizione del governo. Il ministro è tassativo: non ci sarà ritiro dell’ambasciatore, l’Italia continuerà ad opporsi alla denuncia dell’intesa commerciale con la Ue perchè Israele non va isolato, "quale soluzione pacifica è mai stata raggiunta senza lasciare aperta la porta al dialogo?". L’accordo militare che si rinnoverà nel 2026 resterà intatto, chiosa poi il ministro Luca Ciriani, "perché è uno strumento di dialogo". La sinistra esplode: il responsabile esteri del Pd, Provenzano, quasi scatena la rissa quando accusa Salvini di aver stretto "le mani sporche di sangue di Netanyahu". Ricciardi (M5s) è teatrale. "Due parole: Palestina libera ". Fratoianni (Avs) si scaglia contro un "governo codardo e complice".
La reazione dei tre partiti era prevedibile, a maggior ragione avendo convocato a Roma per il 7 giugno una manifestazione che prevedono affollatissima tanto da aver deciso di concluderla a piazza San Giovanni. Molto meno prevedibili e per certi versi più significativi sono gli interventi dei partiti centristi, storicamente vicini a Israele. Chi si sarebbe mai aspettato di sentire Ettore Rosato, numero due di Azione, dire: "Se un governo non ascolta bisogna esercitare pressione, per esercitare pressione ci vogliono le sanzioni". Persino Benedetto Della Vedova, +Europa, uno che con Israele si è sempre identificato, chiede a Netanyahu di fermarsi. Ci sarebbero gli estremi per cementare in piazza l’alleanza di tutta l’opposizione dimostratasi vincente a Genova. E invece ci sono i soliti distinguo: i moderati chiedevano una esplicita condanna di Hamas e la possibilità di esporre al corteo coccarde gialle per ricordare i rapiti israeliani, ma la richiesta è stata respinta. Così Calenda e Renzi (aderisce pure Della Vedova, mentre l’altro leader di +Europa, Magi, è probabile vada a quella del 7) convocano una loro manifestazione per il giorno prima, sei giugno, a Milano.
Ma anche così la sensazione dell’isolamento del governo è netta. Non solo e non tanto in Parlamento ma a fronte di un’opinione pubblica che nella stragrande maggioranza (75% secondo i sondaggi) è favorevole a sanzioni contro Israele. Negli interventi gli esponenti della maggioranza fanno muro intorno al ministro. Ma qualche crepa si apre anche lì. il governatore del Lazio, Francesco Rocca, dissente apertamente: "Se Israele non si ferma, spero nelle sanzioni Ue". Per la prima volta in quasi tre anni il governo di Giorgia Meloni è in controtendenza rispetto alla richiesta della stragrande maggioranza degli italiani.