Fisco, giustizia e pubblica amministrazione. Draghi scopre le carte: obiettivo, i fondi Ue

Oggi il voto di fiducia al Senato, il premier illustrerà un programma ’asciutto’. Parole d’ordine: ambiente, scuola e vaccini. Schermaglie tra Lega e Pd, ma entrambi vogliono arrivare a un patto di consultazione. Poi si aprirà la partita dei sottosegretari

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Oggi Draghi scopre un po’ le carte: fa capire che cosa ci attende da qui in avanti. Alle dieci in Senato farà un intervento ’asciutto’, in linea con il suo stile. Ma l’esordio in Parlamento del premier sarà dilatato fino allo sfinimento: il voto di fiducia al governo comincerà alle 22.

I capisaldi del discorso che ha limato fino a sera, intrecciandolo con il lavoro di preparazione del G7 straordinario di venerdì, sono quelli illustrati ai partiti nelle consultazioni: riforma del fisco, giustizia civile e pubblica amministrazione. Ovvero, tutto ciò che è necessario per sfruttare al meglio i soldi che arriveranno dall’Europa, da lui considerata un pilastro assieme all’atlantismo della politica italiana.

Insisterà poi sul piano vaccini, l’asso su cui punta per limitare quanto più possibile interventi "depressivi" come lockdown e chiusure per la pandemia. Un posto di rilievo avrà la scuola, ma la parola chiave sarà "ambiente" che è la bussola destinata a orientare per intero il Recovery plan. La stessa creazione di posti di lavoro, pur centralissima, non dovrà avere "impatto sull’ambiente". Si tratterà di flash: per capire qualcosa di più bisognerà cogliere dettagli e sfumature. Del resto, è quasi sempre così quando un neo-governo si presenta alle Camere. Stavolta ci sarà un passaggio in più: un appello all’unità che, con una maggioranza che riflette quasi l’intero arco parlamentare, ha un significato diverso dal solito. Non solo si tratta di partiti che si sono combattuti fino a ieri e torneranno a farlo domani, ma inevitabilmente una certa bellicosità proseguirà anche nella fase di collaborazione.

Fiducia governo Draghi: quando parla il premier. A che ora il voto

L’intergruppo costituito ieri al Senato dai capigruppo di Pd, M5s e LeU non ha solo lo scopo di confermare un’alleanza strategica ma pure quello più immediato di compattare una massa critica tale da indirizzare l’azione del governo in continuità con l’operato del Conte bis. Non a caso, la scelta ha irritato (con la minoranza Pd) la forza che dalla maggioranza giallorossa era uscita, provocando la caduta del governo: Italia Viva. "Così si apre una prateria per chi vuole costruire la casa dei riformisti", avverte il renziano Ettore Rosato. Che minaccia un intergruppo della forze moderate, al secolo con Forza Italia. Sull’altro fronte si risponde con un incontro tra Tajani, Ronzulli e Salvini: un modo per rinfacciare agli ’alleati’ la sintonia a destra. Ma il vero anello critico è la Lega, unico partito a doversela vedere con un competitor, Fd’I, che resta all’opposizione e può incalzarlo a piacimento. Salvini sembra oscillare fra la tentazione del partito più di lotta che di governo, e la spinta alla normalizzazione e legittimazione della sua Lega. Se lunedì gli attacchi contro Speranza e Arcuri sembravano far pendere la bilancia dal lato più aggressivo, ieri la musica è cambiata. Raramente si era visto un Salvini così conciliante, tanto da adoperare toni flautati persino nei confronti del ministro della Salute: "Non lo invidio, è sotto pressione da un anno, cercheremo di dargli una mano". Anche le critiche rivolte al Cts, pur non scomparendo, cambiano segno e non fa cenni alla sostituzione del commissario per l’emergenza Covid.

Qualcosa alla base sovranista il capo leghista concede: "Euro irreversibile? Solo la morte lo è", dice. La replica di Zingaretti arriva a strettissimo giro: "Superfluo ripeterne l’importanza per l’Italia". È un duello più mimato che reale. Decibel bassi, polemica d’ordinanza. In realtà nell’incontro di lunedì che nell’agenda di Salvini dovrebbe essere seguito da colloqui con gli altri leader della maggioranza, i due hanno pianificato un tentativo di tregua. La strategia per sminare il terreno si articola in due mosse: prima di tutto delegare al Parlamento le misure non direttamente incluse nel programma circoscritto di Draghi. Poi concordare il congelamento delle questioni più spinose e a rischio di conflitto. È probabile che a porte chiuse i due abbiano parlato anche della spartizione dei sottosegretari. Di certo, il Carroccio vuole mettere piede alla Sanità e probabilmente all’Interno e il Pd non si dovrebbe opporre. Non basta a garantire che l’appello odierno di Draghi venga ascoltato. Ma lo sforzo per evitare un clima di rissa permanente che travolgerebbe il governo e la credibilità di chi lo sostiene sembra esserci.

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