Giovedì 18 Aprile 2024

Dalla Liberazione al voto del 1948. Cirino Pomicino: “Così la democrazia vinse due volte”

L’esponente della vecchia Dc: l’Italia sconfisse il nazifascismo con le armi e il pericolo sovietico alle elezioni. “Grazie a quei due snodi possiamo dirci liberi. Ora Schlein smarchi definitivamente la sinistra dal comunismo”

Roma, 24 aprile 2023 – Chi vuole davvero festeggiare il 78esimo anniversario del 25 aprile 1945, quando l’Italia antifascista cacciò via l’occupazione tedesca sorta dopo l’8 settembre del 1943, deve farlo senza dare corpo a ridicole divisioni. Chi non lo vuole festeggiare si definisce da solo, ma polemizzare con piccole minoranze nostalgiche che ignorano le sofferenze date agli italiani dai fascisti e dai nazisti è un errore. Chi polemizza dà dignità a queste minoranze che dovrebbero solo far sorridere. Anche perché i più facinorosi tra quei nostalgici non conoscono, per età, ciò che avvenne e quanto sangue italiano fu versato.

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Detto questo è giusto ricordare anche i primi tempi dell’Anpi. Nel 1948, dopo la grande sconfitta del fronte popolare guidato da Togliatti e Nenni, i cattolici e gli autonomi uscirono dall’Anpi per ragioni politiche, ma più ancora perché vennero fuori con chiarezza le violenze dei partigiani rossi (così venivano chiamati i comunisti) a cominciare dai 17 componenti della brigata Osoppo costituita da cattolici e da una minoranza socialista. Insieme costituirono la Fvli (Federazione italiana volontari della libertà). Un anno dopo uscirono dall’Anpi anche gli azionisti, i repubblicani, i liberali, socialisti e socialdemocratici costituendo la Fiap (Federazione italiana associazioni partigiane). Questa due massicce emorragie dall’Anpi altro non fecero che trasformare questa sigla in un soggetto collaterale al Pci lasciando imaginare però a gran parte dell’Italia, con la complicità di larga parte della stampa, che i partigiani erano tutti comunisti. Questi creduloni o mentitori meritano solo un sarcastico sorriso, visto e considerato che molti partigiani cattolici divennero poi grandi dirigenti politici democristiani, laici e socialisti a cominciare dal mitico Mattei, vero combattente, che lanciò, vincendola, la grande sfida al capitalismo internazionale all’epoca rappresentato in larga parte dalle famose sette sorelle, le grandi società petrolifere che sfruttavano l’Africa e l’Europa.

È necessario, però, aggiungere qualche altro ricordo di cui nessuno parla. La vittoria del 25 aprile che rese l’Italia finalmente libera sarebbe servita molto poco se tre anni dopo, a costituzione già vigente, nelle elezioni politiche dell’aprile 1948 avesse vinto il fronte popolare guidato sostanzialmente da Togliatti e dal Partito comunista. Se in quella data, insomma, non avesse vinto la Dc che, peraltro, non ebbe difficoltà a chiedere ai partiti laici e socialdemocratici di concorrere al governo del paese, l’talia avrebbe conosciuto un altro destino. Sarebbe scivolata verso quell’area di paesi equidistanti tra l’Urss e gli Stati Uniti per finire poi, alla fine degli anni 50 nelle fila dei cosidetti paesi non allineati guidati inizialmente da Tito e retti in gran parte o da sistemi autoritari locali o da partiti comunisti.

Se ricordiamo questo chiarissimo nesso democratico tra il 25 aprile 1945 ed il 18 aprile 1948 è solo perché l’Italia democratica sconfisse prima i nazifascisti con le armi e poi i comunisti con la democrazia ed avviò quel centrismo politico i cui governi ancora oggi sono riportati come esempi di buon governo ricostruendo il paese e preparandolo a ben altri risultati. Due date, dunque, che sono al fondamento della nostra repubblica che è certamente antifascista ma è anche un baluardo contro ogni altro autoritarismo nazionale o internazionale.

Finanche Enrico Berlinguer nel 1976 in un’intervista a Pansa disse che si sentiva più sicuro sotto l’ombrello della Nato che sotto quello del patto di Varsavia. Era il frutto di quel contagio democratico che più volte citò Mariano Rumor ma che richiese altri 13 anni e la caduta del muro di Berlino perché crollasse l’intero sistema del comunismo internazionale. Oggi la giovane segretaria del Pd Schlein dovrebbe chiarire l’errore fatto dalla sinistra identificandosi per 40 anni con il partito comunista e sul piano internazionale con la Unione sovietica. Il silenzio degli ultimi 30 anni su questo argomento da parte di tutti gli gli ex comunisti è ancra oggi un vulnus grave nella trama democratica del paese e se Schlein superasse finalmente la scissione di Livorno del 1921 farebbe una iniezione entusiasmante nella vita democratica italiana dimostrando, tra l’altro, finalmente cosa mai è oggi la sinistra sul piano culturale e politico.