Primarie Pd, Elly Schlein: "Bonaccini diverso da me, è il vecchio modello. Non basta più"

Domenica gazebo aperti per la scelta del nuovo segretario dem: "Con me Zingaretti e Franceschini? Credono nel rinnovamento. E se vinco vado a piedi al Santuario della Madonna di San Luca"

Elly Schlein

Elly Schlein

Bologna, 24 febbraio 2023 - "Se vinco, vado a piedi a San Luca". Quando la partita è delicata, la Madonna piace molto anche a sinistra. E se rimase celebre la salita al colle del Santuario da parte di Pier Ferdinando Casini, quando diventò presidente della Camera nel 2001, il ringraziamento a uno dei simboli di Bologna potrebbe arrivare anche da Elly Schlein, che domenica sfiderà il suo ex capo in Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, alle primarie del Pd. La parlamentare ha anche promesso, durante la trasmissione di Radio1 ‘Un giorno da pecora’, di tingersi i capelli di rosso, il colore di quello spirito di sinistra che nel Pd non alberga più da un pezzo, come sostiene Elly che uscì dai dem quando voleva occuparlo nel 2015 per poi rientrare ora quando a rimanere sono soltanto le macerie. Sempre in radio Schlein ha detto scherzando che lei e Bonaccini vanno "più d’accordo che Fedez e Ferragni", anche se un po’ di sangue politico, giusto alla fine, un rivolino, ha cominciato a scorrere. "Io corro per vincere e non mi interessano i ticket a tavolino con nessuno. Non serve più il Pd degli amministratori – afferma Elly Schlein riferendosi alle differenze tra lei e il governatore sfidante –, è un Pd già visto". Dal lavoro ai diritti, passando dall’essere donna in un "partito patriarcale", la deputata risponde a tutto campo.

Siamo all’ultimo miglio.

"È uno straordinario esercizio di democrazia che solo il Pd offre alla società oggi per rimettersi in discussione e capire come essere utile alla costruzione di un futuro diverso, oggi che siamo all’opposizione".

Sensazioni di ribaltone, dopo che Bonaccini ha vinto la partita nei circoli dem con uno scarto di 60mila voti?

"La sensazione è quella che questa bella partecipazione si tradurrà in mobilitazione. E come al solito non ci vedranno arrivare. C’è questo passaparola, che ognuna delle persone che viene alle serate della mia campagna elettorale portà con sé come un pezzo di responsabilità".

Siete gli indiani contro la cavalleria?

"È una sfida tosta. Siamo partiti da zero a dicembre con questa scommessa sul fatto che tante persone sentano oggi il bisogno di un nuovo Pd che ritrovi credibilità. E più coraggio".

Che difficoltà ha comportato correre al Congresso come donna in un partito governato da uomini?

"Da donna e da femminista. Nel Pd troppo spesso le donne si sono sentite schiacciate. Oppure viste come un elemento che bisognava mettere da qualche parte. È finito il tempo di un partito patriarcale che dice alle donne dove devono stare"

Basta donne vicesegretarie o vicepresidenti di Regione?

"Dentro questa candidatura c’era anche la voglia di rompere questi schemi. E quindi anche di costruire un percorso che fosse più in salita rispetto alla scelta che altre hanno fatto di costruire l’ennesimo partito personale. Ma di provare a conquistare sul terreno una leadership femminista, anche per aprire un varco e liberare spazio a favore di tante donne giovani".

Si è sentita ostacolata perché percepita nel partito come una minaccia?

"Sicuramente le donne che si espongono pubblicamente subiscono una quantità aggiuntiva di attacchi e di discriminazioni. Non penso tanto a me, quanto a tutte le donne che vengono attaccate più sul loro corpo e sul loro aspetto, più che sulle loro idee. Anche per questo è tanto più importante che dobbiamo cambiare profondamente questa società".

Qualcuno l’ha invitata a desistere?

"C’è stato sicuramente chi lo sperava, che mollassi. Però abbiamo dimostrato di essere molto determinate e determinati a produrre un cambiamento reale. Non mi accontenterei di un centimetro in meno di un vero cambiamento di questo partito dal punto di vista dei volti, dei metodi e della visione".

Sui volti: a suo sostegno ci sono Zingaretti, Orlando, Franceschini, gran parte della dirigenza Pd uscente.

"Perché credono nel rinnovamento di quella classe dirigente. E nessuno di loro mi ha chiesto posti, né io ho promesso nulla a nessuno in caso di vittoria".

Diritti, in platea per la sua chiusura di campagna a Bologna c’era Alessandro Zan. Da dove si deve ripartire?

"La novità dell’approccio e della visione che proponiamo è che uniamo le lotte contro la disuguaglianza, per il clima, per il lavoro di qualità e per i diritti sociali e civili, che sono inscindibili. Le persone discriminate lavorano, pagano le tasse e fanno impresa: le tuteleremo".

Il presidente del Senato, Ignazio La Russa, ha dichiarato: ‘Se mio figlio mi dicesse di essere gay? Accetterei con dispiacere la notizia, un padre vuole che il figlio gli somigli‘.

"Trovo indecente che un presidente del Senato dica certe cose, credo che la vera sciagura sia avere una persona in quel ruolo che fa dichiarazioni sessiste, omofobe e nostalgiche. E’ inadeguato al suo ruolo".

Lavoro, dai palchi della campagna elettorale ha ripetutamente attaccato il Jobs Act e i provvedimento dell’allora ministro Poletti.

"Si riparta da una lotta serrata ai contratti a termine, che sono l’unico destino che conoscono il 62% di lavoratrici e lavoratori under 24 di questo Paese. Cioè un futuro di precarietà e incertezza di cui noi vogliamo essere i peggiori avversari. Si riparta dalla lotta al salario minimo da fare assieme alle altre opposizioni, alle quali mi appello per fare questa battaglia insieme in Parlamento. E poi le tutele del lavoro digitale, oltre al lavoro con i sindacati per fare insieme quella legge sulla rappresentanza che metta la parola fine ai contratti ‘pirata’. Dobbiamo essere quel partito che dice basta".