Elezioni regionali 2019, dall'Abruzzo alla Sardegna. Test M5s-Lega

Il voto sui territori servirà per pesare i rapporti di forza. I grillini rischiano il flop

Giovanni Legnini, candidato del centrosinistra per l'Abruzzo (Dire)

Giovanni Legnini, candidato del centrosinistra per l'Abruzzo (Dire)

Roma, 21 gennaio 2019 - Come cambieranno i rapporti di forza tra Lega e M5S? Ci sarà, se non una crisi di governo, un rimpasto? Il Paese precipiterà verso elezioni politiche anticipate o tutto procederà sull’asse attuale? Le opposizioni sono reali alternative o solo minoranze? Domande a cui, finora, rispondevano i sondaggi, ma a cui presto inizieranno a rispondere dati e numeri delle urne. Infatti, nel 2019, andranno al voto 6 Regioni, pur se in date diverse, e una considerevole tornata di Comuni (circa 4mila, tra cui capoluoghi come Firenze e Perugia) nella tornata delle amministrative di metà giugno. Ma il test più importante è quello che servirà a rinnovare governatori e consigli regionali dell’Abruzzo (10 febbraio) e della Sardegna (24 febbraio), mentre più lontani sono gli altri test: Piemonte (maggio), Emilia Romagna (novembre), Basilicata e Calabria (date da decidere).

Il dato di partenza è che le 6 Regioni al voto sono tutte governate da amministrazioni di centrosinistra. Pd e alleati (Mdp e civiche) potrebbero, secondo i sondaggi, perderle tutte, in un filotto di catastrofiche sconfitte, mentre il centrodestra (Lega, FI, Fd’I, Udc, più liste civiche) potrebbe riuscire nell’impresa clamorosa di aggiudicarsele tutte. Il M5S rischia di non spuntarla in nessuna. Come è già successo, peraltro, nelle tre elezioni regionali del 2018, quando il centrodestra ha conquistato il Molise, il Friuli-Venezia Giulia e il Trentino Alto-Adige (alleato con la Svp), il M5S nessuna, mentre il Pd le ha perse tutte e tre. Un nuovo calo dei grillini potrebbe incrinare ulteriormente gli equilibri di forza all’interno della maggioranza di governo. Ma ogni Regione fa caso a sé.

ELEZIONI IN ABRUZZO - In Abruzzo, la stagione di governo del centrosinistra si è chiusa in modo disastroso. Tra scandali e polemiche, l’ormai ex governatore, Luciano D’Alfonso, ha optato per restare senatore del Pd, costringendo la regione al voto anticipato il 10 febbraio. Il centrosinistra, però, si è ricompattato intorno alla figura dell’ex vicepresidente del Csm Giovanni Legnini, e ora spera in una sua rimonta. Ma i sondaggi continuano a dare un testa a testa tra M5S, che punta, come cinque anni fa, sulla consigliere uscente Sara Marcozzi, e il centrodestra che, dopo molto discutere, ha scelto Marco Marsilio, senatore di Fratelli d’Italia. Il centrodestra abruzzese è sempre stato litigioso, ma ora è arrivato al paradosso: la lista dell’Udc, formalmente apparentata con gli altri partiti, è stata politicamente esclusa da ogni (futuro) governo e maggioranza perché ha inserito, all’ultimo momento, due candidati ex transfughi del Pd. Salvini e Di Maio sono corsi in Regione per i loro tour elettorali, i candidati alla segreteria dem, invece, latitano.

ELEZIONI IN SARDEGNA - In Sardegna si vota il 24 febbraio e la storia sembra scritta. Il governatore uscente, Francesco Pigliaru (Pd), non si è ricandidato e il centrosinistra si è affidato all’ex sindaco di Cagliari, Massimo Zedda (ex Sel-SI, poi ‘arancione’), ma la sua è un’impresa disperata. Il M5S, storicamente forte, è da mesi in calo nei sondaggi, e propone Francesco Desogus. Il centrodestra punta sul senatore e segretario del Partito sardo d’azione Christian Solinas: si è gemellato con la Lega ed è stato scelto direttamente da Salvini che punta molto sulla Sardegna, come anche fa Berlusconi. La partita qui si giocherà sugli equilibri interni tra Lega e FI.