Calenda (senza Renzi) è costretto alla raccolta firme? Ecco cosa dice la norma

L’emendamento-cavillo ‘Magi&Ceccanti' ha salvato alcuni e ‘sommerso’ tutti gli altri. L'incognita di Azione: ce la farà a presentarsi con un proprio simbolo?

Il leader di Azione Carlo Calenda (Ansa)

Il leader di Azione Carlo Calenda (Ansa)

Ce la farà, Azione di Carlo Calenda, a presentarsi alle elezioni con il proprio simbolo? Deve, per forza, confluire in un listone con Iv di Renzi o gode di una, infinitesima, esenzione e, dunque, può correre da solo? E le liste nuove nuove – da Italexit di Paragone (a destra), Unione popolare di Luigi De Magistris (a sinistra), Italia Sovrana e Popolare (destra&sinistra insieme, Rizzo-Ingroia) – perché le firme le devono per forza raccogliere, sotto gli ombrelloni e il sol leone, una fatica boia?

La storia mondiale, si sa, è fatta di piccole storie. Il naso di Cleopatra. Il cappotto di Napoleone. Eventi che sembrano infinitesimali e, invece, ‘cambiano verso’ a fatti epocali. Per dire, quali e quanti partiti si possono presentare, alle elezioni?

La domanda, all’apparenza, prevede una risposta semplice: tutti quelli che sono costituiti in gruppi (almeno 20 deputati e 10 senatori) alle Camere più tutti quelli che riescono a raccogliere le firme e che, non presenti in Parlamento, sono i ‘nuovi’. Solo che, in realtà, a questa domanda, da 2 mesi, la risposta è diventata ben più arzigogolata e rischia seriamente di ‘cambiar verso’ alle elezioni perché, in base a un ‘cavillo’, ci sono alcuni ‘salvati’ (dalla raccolta firme) e molti ‘sommersi’.

Infatti, per quanto riguarda le prossime elezioni politiche (e, di conseguenza, il quadro politico che ne emergerà, governo in primis) a ‘cambiare verso’ alle regole non è stata la legge elettorale, il Rosatellum. Quella già c’era (varata nel 2017 e con cui si è votato nel 2018), è stata solo adeguata al taglio del numero dei parlamentari. Quello che ‘non’ c’era era una leggina di cui nessuno o quasi si è accorto ma che ha cambiato le carte in tavola.

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L’emendamento ‘cavillo’ di Ceccanti&Magi

Ma prima di vedere quali, come e perché, conviene ricostruire il retroscena di chi e come ha introdotto l’ormai noto ‘emendamento cavillo’.

Trattasi non di una legge, ma di un emendamento, infilato l’ultimo giorno, nel ‘decreto Elezioni’ varato a giugno scorso da governo e Parlamento e firmato dal ‘Gatto&LaVolpe’ dei codicilli e dei busillis parlamentari, Stefano Ceccanti (Pd) e Riccardo Magi (+Eu). I due, in una fase in cui il governo Draghi subiva scossoni, ma era in sella, hanno come avuto il sentore (si chiama ‘fiuto’) che qualcosa di irreparabile potesse accadere. E così - zitti zitti, quatti quatti – Ceccanti e Magi, in modo salomonico, hanno deciso di ‘salvare’ alcuni partiti (per la precisione 3 di centrosinistra: +Europa-Centro democratico-Italia Viva, e uno di centrodestra: Noi con l’Italia di Maurizio Lupi) e di mandare a spasso tutti gli altri con un ‘cavillo’. L’emendamento Magi-Costa (concordato con e dalla fervida mente del professor Ceccanti) n. 6.016 al dl Elezioni del 84/2022, in GU il 2 luglio 2022, votato solo in commissione, il 15 giugno scorso, con tutti i partiti favorevoli e l’astensione dei 5s, ha, infatti, salvato alcune liste e mandato, letteralmente a spasso, quasi tutti gli altri, i nuovi.

Senza voler approfondire una lunga, infinita, storia di ‘esenzioni’ dalla raccolta delle firme, che – per i grandi partiti – è ovviamente gioco facile - dal 2006 sono esentati dalla raccolta firme, tutti i partiti che hanno un gruppo parlamentare in entrambe le Camere. Quindi, M5S, Pd, Lega, FI e FdI, cui si aggiungono le minoranze linguistiche. Con l'ultimo decreto Elezioni sono state fatte, però, ulteriori deroghe: l’emendamento ‘cavillo’ ha esteso l'esenzione a chi aveva un gruppo almeno in una Camera al 31 dicembre 2021, facendovi rientrare Iv, Coraggio Italia e LeU. La quale LeU (cioè, oggi, Art. 1, confluito nel Pd) ha permesso alla lista ‘cocomero’ (Verdi-SI) di potersi presentare senza raccogliere le firme.

Un altro comma del dl prevede la deroga a chi ha partecipato alle ultime elezioni della Camera o del Parlamento Ue “con proprio contrassegno” e/o ha ottenuto seggi nella parte proporzionale oppure ha contribuito, alle elezioni politiche, al risultato di una coalizione ottenendo almeno l’1%. Ed è questo passaggio che consente la deroga a +Europa, CD di Tabacci – che ha gentilmente esteso l’esenzione a Ifp di Di Maio - e a Noi con l’Italia di Lupi che garantisce per Toti mentre Coraggio Italia si è fatta garante dell’Udc.

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Una raccolta firme che è davvero 'improba': ne servono 36.750 a Camera, 19.500 al Senato

Infatti, forse non si sa, ma prevede la legge, per poter presentare, alle elezioni politiche, simbolo, lista e candidati è obbligatorio raccogliere le firme. In buona sostanza, “chi non ha la deroga e deve raccogliere le firme deve farlo raccogliendo alla Camera 36.750 firme, 750 per ogni collegio plurinominale, e 19.500 al Senato, sotto i nomi dei vari candidati. Quindi può partire solo dopo aver fatto le liste” spiega il professor Ceccanti, che, luciferino, chiosa così: “Un compito improbo per chi non ha ancora iniziato. Per questo la cosa più probabile è che chi non ha l’esenzione sia di fatto spinto, che lo voglia o meno, a fare una lista con chi ha già l’esenzione. Non una coalizione perché l’esenzione vale solo ad listam, ma una lista unica. Altrimenti rischia di non presentarsi”.

Se ne deduce che Azione, se non ha l’esenzione, è costretta a fare un listone unico con Iv e, già che c’è, pure colla ‘lista civica’ di Federico Pizzarotti.

Ma quante firme servono? Di solito, si devono presentare dalle 1.500 alle 2.000 firme per ogni collegio plurinominale (non servono sottoscrizioni invece per chi si candida negli uninominali collegati). Ma quest’anno, dato che la legislatura si è conclusa in anticipo rispetto alla scadenza naturale, il numero minimo di firme è stato dimezzato: per ogni collegio plurinominale ne servono almeno 750. Dunque, riepilogando, per la Camera l'asticella è fissata a 36.750 firme, per il Senato a 19.500. Ogni ‘tifoso’ (elettore) di una lista che vuole ambire a presentarsi alle urne, può firmare per entrambe le Camere, ma le firme vanno autenticate davanti al cancelliere o notaio e, in questa campagna elettorale, tutta ‘estiva’, per chi raccoglie le firme c’è un ostacolo in più: chi è in vacanza fuori collegio non può firmare. Morale: un compito improbo, se non titanico, una fatica di Sisifo, se si considera che tempus fugit. I simboli vanno depositati, improrogabilmente, entro il 10 agosto e i candidati entro il 22 agosto. In buona sostanza, chi è dentro è dentro, per quelle due date, e chi è fuori è fuori: non ‘corre’.

Il nodo Calenda e una esenzione assai dubbia

Ma veniamo al caso Azione: il movimento di Calenda nasce da 'Siamo europei', che partecipò alle Europee del 2019 come contrassegno dentro il simbolo del Pd (Pd-Siamo Europei era il nome), grazie al quale Calenda fu eletto, nella proporzionale, a Strasburgo. In teoria, Calenda – che poi ruppe con il Pd ed entrò in Renew Eu, il gruppo europeo dove siede anche Iv di Renzi - può chiedere l’applicazione di questo testo. E così farà. "Siamo sicuri delle nostre ragioni – dicono i calendiani – e le faremo valere in ogni sede". Ma "è una scommessa", spiega invece Gabriele Maestri, studioso di diritto elettorale e dei partiti, che ne parla diffusamente e con dovizia di analisi sul sito Internet “www.isimbolidelladiscordia.it”.

Perché il deposito del 'contrassegno', cioè il cerchio destinato alle schede elettorali, è stato fatto, all’epoca, solo dal Pd che ha il suo statuto. Insomma, il rischio che il simbolo di Azione non venga riconosciuto dall'ufficio elettorale c’è, ma verrebbe fuori solo alla presentazione delle liste e, se andasse male, significherebbe game over. Ecco perché, “in via cautelativa”, dice Azione, “raccoglieremo comunque le sottoscrizioni”, anche se la via “più facile”, chiosa Ceccanti, “è quella di presentarsi in un listone unico con Iv”.

Il ‘potere di ricatto’ di chi ha l’esenzione…

Concludendo, i partiti più grandi e, in ogni caso, quelli che godono dell’esenzione tengono ‘per le p.’ i partiti e le liste che non hanno l’esenzione. Tanto che – si dice, ma magari sono solo favole - +Europa abbia ‘ricattato’ Calenda ad andare col Pd e Art. 1 abbia fatto lo stesso con Verdi-SI, quando hanno minacciato di rompere con il Pd per andare con Conte. Idem dentro il centrodestra. Ce la farà, Azione? Raccoglierà le firme o no? E come si presenterà? Solo questi giorni lo diranno. Una cosa è certa. Molte liste ‘minori’ (Italexit, etc.) rischiano di non comparire sulle liste degli elettori e altre, altrettanto ‘minori’, invece sì. Merito dell’emendamento ‘cavillo’ Magi-Costa (e Ceccanti) che ha ‘cambiato verso’ alle elezioni.