
Il premier, Marcel Ciolacu, si è dimesso: il Psd esce dalla coalizione di governo
La Romania si prepara ad altre due settimane di campagna elettorale in vista dell’elezione del nuovo capo dello Stato, ma nel Paese intanto è scoppiato il caos politico. Il premier, Marcel Ciolacu, si è dimesso e il Psd, il Partito socialdemocratico, è uscito dalla coalizione di governo con i liberali. A determinare la scelta, la performance deludente di Crin Antonescu, il loro candidato, che si è fermato al 18,4%.
A questo punto è più che possibile che nei prossimi mesi si torni al voto anche per il rinnovo del parlamento. Intanto, il 18 maggio si deciderà definitivamente chi sarà il prossimo capo di Stato. Nel frattempo, il Paese è spaccato in due. Chi vota e chi diserta le urne; chi è convinto di avere già vinto e chi lotterà fino all’ultimo momento possibile; chi parla e chi sta zitto. Fra i più taciturni, a sorpresa, c’è proprio il trionfatore della prima tornata, George Simion, candidato dell’estrema destra, noto per i suoi toni assertivi e violenti e che nella prima fase di campagna elettorale ha cercato di dare l’impressione di una maggiore istituzionalità. Ieri sera si è limitato a un messaggio registrato in cui annunciava un nuovo futuro per la Romania dal punto di vista economico, politico e morale. Poi più niente. Gli analisti credono cercherà di conservare il vantaggio: in questo momento una dichiarazione sbagliata potrebbe costare voti preziosi. Anche perché Simion si è presentato come ‘il vendicatore’ della sentenza della Corte Costituzionale, che lo scorso dicembre aveva annullato il primo turno delle elezioni per ingerenze russe nella campagna elettorale, decretando anche l’ineleggibilità di Călin Georgescu, ex burocrate semi sconosciuto, arrivato al 40% dei consensi grazie a una campagna elettorale su TikTok pervasiva ed eventi che, ancora oggi, non si sa chi abbia pagato. Il suo è un elettorato solido, nazionalista, antisistema e di conseguenza antieuropeo, pronto a premiarlo anche fra due settimane.
Nicușor Dan, sindaco di Bucarest e candidato indipendente, che al momento è sotto di quasi 20 punti rispetto a Simion deve cercare di attirare i voti dell’ex candidato Antonescu. Per lui, la strada è tutta in salita e le probabilità di ribaltare il risultato sono poche. Saranno fondamentali altri due fattori. Il primo è rappresentato dalle preferenze raccolte da Victor Ponta, candidato sovranista, già premier socialdemocratico, che con il suo 12,8% rappresenta un bacino di tutto rispetto. Il secondo è dato dall’affluenza. Il primo turno si è tenuto alla fine di un lungo ponte, con le grandi città semideserte, anche a causa del bel tempo. Molti voti che potrebbero finire a Dan. Anche se dovesse trionfare, Simion per mettere in pratica il suo programma e fare approvare le sue riforme costituzionali, avrà bisogno dei due terzi del parlamento. Il suo partito, l’Aur, ne ha 63 su 331 alla Camera e 28 su 136 al Senato. Il Paese rischia un blocco costituzionale, proprio adesso che ha bisogno di un clima di concordia nazionale per avviare le riforme economiche che le servono. In questo momento, in Romania, ci sono molte cose. Ma la concordia internazionale proprio no.
Marta Ottaviani