Mercoledì 24 Aprile 2024

Verso le Europee 2024: “Fratelli d’Italia si avvicina al Ppe. Un’alleanza che conviene a tutti"

Federico Reho, direttore del centro studi del Partito popolare europeo: sui migranti interessi convergenti. Il passo avanti: “L’aver accettato il ruolo della Nato e l’integrazione nella Ue sono state svolte decisive”

Roma, 10 giugno 2023 – Federico Reho, direttore scientifico dell’istituto Wilfred Martens, centro studi del Ppe, l’accordo raggiunto su migranti in Lussemburgo rappresenta una tappa di avvicinamento di Giorgia Meloni ai popolari europei?

"Mi pare che si esageri a interpretare questo aspetto specifico. Perché sulla questione migranti mi pare che gli interessi dell’Italia e dei Paesi di Visegrad siano strutturalmente diversi: l’Italia chiede maggiore solidarietà mentre i Visegrad no. Quindi il fatto che l’Italia si sia smarcata, in merito a un accordo che introduce elementi di solidarietà più forti, mi pare sostanzialmente il venire al pettine di una differenza. Ma non credo rappresenti lo smarcamento del governo italiano dal novero dei governi più conservatori. Se un avvicinamento al Ppe è in corso, non è la decisione sui migrati a sancirlo".

La composizione del Parlamento europeo
La composizione del Parlamento europeo

E che cosa allora?

"Sicuramente c’è una novità su due pilastri importantissimi, che riguardano il discrimine fra le forze sistemiche e anti-sistemiche. Il primo è l’accettazione delle alleanze internazionali dell’Italia dal secondo dopoguerra: ovvero la Nato e le istituzioni transatlantiche. Ciò significa fare fronte compatto nel condannare le azioni della Russia. Se fino a qualche anno fa esistevano ambiguità, non si può negare che su questo oggi ci sia una svolta perlomeno in Fratelli d’Italia. Il secondo aspetto è l’integrazione europea. Mentre Salvini incontra leader di estrema destra, Meloni ha appena raggiunto un accordo importante sui migranti in Europa e la negoziazione è andata bene. Ciò significa che il nuovo governo italiano sta bene in Europa".

Ma il governo comprende anche la Lega. Non le pare che l’accordo sul trasferimento nei Paesi terzi non soddisfi assai la Lega a scapito del solidarismo cristiano?

"Il compromesso si fonda sull’ambiguità di lasciare discrezionalità agli Stati membri di definire il Paese terzo sicuro per i richiedenti asilo non accolti. Nel complesso è un piccolo passo avanti. Ma si tratta di un accordo in Consiglio che poi dovrà affrontare il lungo iter in Parlamento, dove tradizionalmente le posizioni sono più garantiste. Il punto per questo governo è l’accettazione del sistema: una volta che si entra poi si pongono i propri interessi".

E l’Italia a guida Meloni è già a questo punto?

"L’ingresso nel sistema delle alleanze mi pare compiuto. L’accettazione del sistema mi pare in stato avanzato. Cosa poi significhi in concreto e se significherà anche l’ingresso nella prossima maggioranza europea si vedrà. Questo è il lavoro da fare soprattutto da qui alle elezioni europee del 2024. Si tratta di capire come esprimeranno concretamente la loro voce su temi cruciali come le istituzioni sovranazionali e il mercato unico, quali saranno le loro richieste concrete".

Non è che il Ppe guarda a Meloni per future alleanze più di quanto non faccia la stessa premier italiana?

"È effettivamente in corso un cambiamento strutturale dei rapporti di forza nel parlamento europeo che prosegue dal 2014. Il Ppe è passato dal 36 al 23% dei seggi. Dopo il 2019 questa riduzione di forza è stata accompagnata anche del declino del Pse, e per la prima volta il duopolio delle forze tradizionali ha perso la maggioranza. Quindi si è dovuto aprire a liberali e verdi, il che trova il moderatismo del Ppe su una posizione di debolezza rispetto agli alleati. Guardare ai conservatori di Meloni è un modo per riequilibrare le forze nel Parlamento europeo, altrimenti si crea sconnessione tra l’opinione pubblica continentale e la struttura rappresentativa del Parlamento. È interesse di tutti".