Venerdì 19 Aprile 2024

Elezioni Emilia Romagna, il soldato Bonaccini: l'ultima trincea del Pd

La riconferma non è più scontata: in ballo c'è anche il futuro del governo. La forza? Ottimi rapporti con il mondo produttivo

Stefano Bonaccini, candidato del centrosinistra in Emilia Romagna (Dire)

Stefano Bonaccini, candidato del centrosinistra in Emilia Romagna (Dire)

Bologna, 3 novembre 2019 - La Signora che sta placidamente seduta sull’Appennino col seno appoggiato al mare è preoccupata. Molto preoccupata. Mai come stavolta è disturbata dai dubbi, corrucciata e oscillante fra un possibile storico cambio di passo come in un valzer destinato a nuove mosse, certa che il tormentone agita coscienze e antiche sicurezze. La Signora non è la Juventus di Ronaldo, ma l’Emilia-Romagna scossa dalle turbolenze di una campagna elettorale per il voto di gennaio avviata senza risparmio di energie. La data del 26 è attesa come la finale di Champions League. Dopo l’estate rock salviniana al Papeete, la caduta del governo, la giravolta grillina passata a guidare il Paese con gli avversari di ieri e il crollo della sinistra in Umbria, l’appuntamento alle urne dell’Emilia-Romagna è considerato una svolta. Se cade la vetrina dell’ex Pci rischia pure il governo.

L’attuale presidente Stefano Bonaccini, piddino "illuminato", è in campo contro Lucia Borgonzoni, candidata della Lega, benedetta da Matteo Salvini che le fa da testimonial accompagnandola nella Disneyland – Emilia-Romagna in un tour elettorale dentro le piazze (piene) a stringere mani, dare pacche sulle spalle, sfiorare anche fisicamente la pelle dei cittadini fra selfie e applausi (molti). Puro stile Lega che la gente apprezza. L’altro giorno a Parma e Piacenza, il 14 novembre al gran show del Paladozza di Bologna, tempio di Basket city, e poi via ancora alla ricerca della folla comprese Forlì e Ferrara, città neoleghiste dove gli elettori hanno già voltato le spalle all’egemonia Pd. Per la prima volta la Regione è contendibile. Pier Luigi Bersani, lo ammette: "Stavolta sarà dura".

La campagna elettorale del governatore Bonaccini, fresco di nuovo look con giacche e pantaloni a tubo perfetti, fisico modellato dalla dieta, è improntata alle cose fatte e strizza l’occhio al mondo produttivo con cui ha ottimi rapporti: da Confindustria, ai commercianti, alla cooperazione. Quest’ultima a Imola aveva concesso l’assist ai Cinquestelle. Acqua passata. La sindaca Manuela Sangiorgi si è dimessa dopo aver perso per strada cinque assessori. Le associazioni del commercio, pur senza ufficialità, dicono che Bonaccini "non è considerato ostile". Idem fra gli industriali di Modena, città del presidente, ma anche fra quelli di Bologna e Reggio. Il mondo produttivo non si schiera, osserva in silenzio. "Bisogna ammettere – confida un imprenditore – che il governatore gode di stima personale. E la continuità è apprezzata. Resta il fatto che il suo partito è lo stesso che sta elaborando una manovra delusiva e fatta di microtasse. Poi il filo diretto con i Cinquestelle spaventa le partite Iva, gli artigiani, le imprese".

Eppure l’apparato del governatore è convinto di aver lavorato bene. "Dal punto di vista ideologico è lontano dai nostri associati – dice il manager di una delle associazioni commercianti di Emilia e Romagna –, ma ha dialogato con tutti, si è impegnato sul turismo, ha varato i bandi per le aziende 4.0, ha fatto bene col patto per il lavoro. Ma quando si vota ci sono di mezzo anche sicurezza e l’immigrazione. E qui la gente è scontenta". Eppure è sull’economia positiva che, nel frenetico tour di inaugurazioni, tagli di nastri e convegni, punta Stefano Bonaccini. Spera anche nel credito della sua Modena, che pure in provincia ha ceduto alla Lega grandi comuni come Mirandola e Finale Emilia nella bassa pianura, Vignola verso le colline e Pavullo in Appennino.

Stefano Bonaccini vira sulla concretezza. Che forse non basterà. "In Emilia Romagna qualità della vita e dell’economia sono alte ed è sulle opportunità che mi concentro per un confronto con le regioni più avanzate". Secondo Unioncamere la regione vanta una crescita del Pil di + 0,5% con una previsione sul 2020 di +1,1% , cifre sopra la media nazionale. È al top con Veneto e Lombardia. "Numeri di cui prendiamo atto", riflette da Parma Nicola Bertinelli, leader regionale di Coldiretti. "Sull’agricoltura va aggiunto che grazie alle associazioni e attraverso la Regione ci sono buoni dati sull’utilizzo dei fondi europei. Però a chiunque verrà eletto chiediamo più impegno per garantire redditività e stabilità alle aziende agricole. Serve una politica attenta alla distintività dei prodotti affinché i ricavi siano espressione dei valori". E meno burocrazia. Nella regione del prosciutto di Parma e della mortadella Bologna aprire una porcilaia, per esempio, è una impresa da Forze speciali. Burocrazia e veti dei comuni, nonostante tecnologia e leggi tutelino l’ambiente, frenano energie e investimenti. Palla al centro, la partita è aperta.