Elezioni, 'duello' via radio tra Renzi e Bersani

Il lavoro, il rapporto con M5S, l'inciucio, la flat tax: cosa ne pensano il leader Pd e l'esponente LeU

Combo: Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi

Combo: Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi

Roma, 22 gennaio 2018 - 'Duello' via radio, stamattina, tra le due anime della sinistra divisa: Matteo Renzi e Pier Luigi Bersani. Il primo interviene a Controradio, il secondo a Radio Capital. Il segretario dem - che promette di fare campagna elettorale soprattutto a Firenze - se la prende soprattutto con la Flat tax di Berlusconi e il populismo di M5S, mentre l'esponente di LeU rintuzza al suo ex leader la 'fake new' del milione di posti di lavoro. I due sono divisi su molto, dal giudizio sulla 'Grosse coalition' tedesca all'opportunità di dialogare con i 5 stelle. Quanto alle candidature, Bersani dice che "dove mi mandano io vado" ma pensa di stare in Emilia, mentre Renzi rivela di aver chiesto a Pier Carlo Padoan "di candidarsi nel collegio di Siena, perchè il Pd deve essere una squadra forte e autorevole ma anche perchè con Pier Carlo abbiamo affrontato la questione bancaria in modo innovativo".

RENZI -  "La partita sui voti non si gioca soltanto sulle coalizioni - premette Renzi - Spero e lavoro perché il Pd sia il primo gruppo parlamentare. Se questo avverrà dopo 5 marzo il Pd avrà le carte in mano". Sul capitolo tasse l'ex premier si scatena. La flat tax? "E' una tassa non di Robin Hood ma dello sceriffo di Nottingham: toglie ai poveri per dare ai ricchi". Insomma, è "non ci sono le coperture ed è ingiusta, è uno specchietto... È un diversivo per non parlare delle vere questioni dell'Italia". E oltretutto "fa pagare meno tasse ai miliardari come Berlusconi e Grillo e toglie soldi alla classe media". 

Renzi poi dichiara guerra ai populismi: "Ci sono cose che mi lasciano perplesso, c'è la destra nella quale la trazione è quella leghista, è la destra che andava ai comizi della Le Pen ed è quindi populista; poi c'è il Movimento cinque stelle che è un altro movimento populista: è evidente che noi non possiamo dialogare con forze populiste".  Sul lavoro, Renzi difende la proposta di una paga minima garantita: "non è il reddito di cittadinanza - rivendica - Io ti chiedo di lavorare, non di stare a casa. Che senso ha dire, come fanno i Cinque stelle, 'diamo un reddito a tutti anche se non lavorano'. Questo è un grandissimo incentivo a starsene a casa. E' un atteggiamento allucinante che nega l'idea di una Repubblica fondata sul lavoro". "Io penso che nella situazione in cui siamo oggi, con dei lavoretti che ti uccidono, l'idea della paga minima oraria sia sacrosanta".

E ancora: "Quelli che mi dicono che noi abbiamo fatto poco per la qualità del lavoro, dovrebbero ricordarsi dove eravamo quattro anni fa. Nel febbraio 2014 l'Istat dava come numeri 22 milioni di persone che lavoravano, la disoccupazione era al 13% e quella giovanile al 44%. Oggi quel numero di lavoratori è passato da 22 milioni a 23 milioni e la disoccupazione dal 13% all'11% e quella giovanile dal 44% al 34%. Quel lavoro ha bisogno di un grande investimento, non solo sulla quantità ma sulla qualità".

 

BERSANI -  Per l'esponente LeU "non si puo chiamare posto di lavoro un'occupazione statistica che consente di dire che è occupato uno che lavora un'ora in una settimana o una settimana in sei mesi...", sostiene Bersani, aggiungendo: "Io sconsiglio di dire alla gente che c'è un milione di posti di lavoro in più. Perché le famiglie, comprese quelle del ceto medio, sanno come stanno le cose". E' una fake news? "E' un inganno che fa male al sistema perché genera rabbia o spaesamento o allontanamento".

E M5S? "Parlare con i Cinque Stelle è un dovere, fare un'alleanza è tutto un altro film", dice riferendosi alla querelle tra Grasso e Boldrini sull'opportunità di dialogo. I grillini per Bersani rappresentano "un 25 per cento di popolazione malcontati". Il problema è "che questi milioni di voti i Cinque stelle non li portano da nessuna parte. E come si fa a dire di non essere preoccupati" (come fa Gentiloni, ndr). Poi il consiglio in stile Quasimodo: "Se uno sta solo sul cuore della terra vien subito sera, non può durare'". 

E sull'inciucio sospettato da D'Alema?  "Se seguo le tracce - spiega Bersani - non ho dubbi su questo. Dopo l'uscita di Berlusconi dal Parlamento ci sono stati accordi sull'Italicum, chiacchiere e annusamenti sotterranei così come avvenuto anche su questa legge elettorale... Ma è chiaro che per via dei numeri e delle situazioni c'è anche scarsa fattibilità".

Sulla Germania "tutti tirano un sospiro di sollievo. Io sono meno propenso a questo sollievo perché Spd e Merkel hanno perso assieme 100 deputati nonostante i risultati sulla disoccupazione e la crescita. Ma se la sinistra non interpreta questo disagio lo fa la destra".

Poi un messaggio a Renzi: "Chi dice che noi facciamo vincere la destra ha perso il senno. Perché noi portiamo a votare chi altrimenti non voterebbe", spiega. A chi gli fa notare che è Renzi che accusa Leu di agevolare una vittoria della destra, Bersani risponde: "Sì, è come se Renzi non sapesse che la gente che voterà noi, a lui non lo vota".

Il programma di LeU: dall'articolo 18 ai soldi pubblici