Elezioni 2018: i programmi dei partiti, libri dei sogni

La ricerca dell'Istituto Cattaneo: tanti slogan, poche proposte concrete. I 5 Stelle? Più vicini a Forza Italia. Il Pd è relativamente attiguo a Leu

Elezioni: una ragazza alle urne, foto generica (foto Zani)

Elezioni: una ragazza alle urne, foto generica (foto Zani)

Bologna, 6 febbraio 2018 - Sotto i programmi politici niente. Tante pagine di grandi enunciazioni, ideali, pseudo ricette economiche, idee di riforme istituzionali, ma poi, stringi stringi, di proposte concrete pochine. I temi, invece, spaziano. Tanto welfare e istruzione, poco ambiente ed Europa. Sul fronte destra-sinistra, invece, e su quello dell’integrazione europea si scoprono insolite vicinanze: i 5 Stelle in mezzo ai due schieramenti e quasi ‘attigui’ a Forza Italia, il Pd relativamente vicino a Liberi e Uguali, la Lega più a destra di CasaPound.  Ma attenzione: non sono quattro amici al bar a dirlo, ma una ricerca scientifica dell’Istituto Cattaneo di Bologna che, con la consueta precisione, ha analizzato nel dettaglio i programmi politici dei partiti in corsa alle Politiche del 4 marzo, li ha suddivisi in frasi e sottofrasi, e ha codificato le singole unità lessicali che esprimevano un singolo concetto politico.

Morale: nei programmi si leggono più affermazioni del tipo ‘porteremo la pace nel mondo’ che non proposte concrete come quella, ad esempio, di ‘ridurre il cuneo fiscale di cinque punti in cinque anni’. Distinguendo appunto tra «affermazioni generali» (pace nel mondo) e «proposte politiche» (riduzione del cuneo fiscale di 5 punti in 5 anni) la media è impietosa: nel 75 per cento i partiti si soffermano su dichiarazioni di principio e solo nel 25 per cento dei casi su proposte specifiche. Con un’eccezione: CasaPound.  Avendo un programma corto e chiaro, le idee concrete riguardano il 65,2% della linea politica. «Ciò non significa, però, che le loro siano proposte realizzabili o più realizzabili rispetto agli altri partiti», spiega Pier Giorgio Ardeni, presidente del Cattaneo. Al contrario, si evince dalla ricerca, che i partiti con i programmi più astratti sono Movimento 5 Stelle, Civica popolare (di Beatrice Lorenzin) e Potere al popolo. 

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Il Cattaneo, poi, ha approfondito i contenuti dei programmi e, anche in questo caso, emerge che ci sono alcuni temi che «tirano» e altri molto meno. Una dichiarazione su quattro nei programmi dei partiti riguarda il welfare, seguono economia, sicurezza e legalità, riforme istituzionali, lavoro e, fanalini di coda, ambiente ed Europa. «Ci sono dei temi che vanno di moda – spiega Ardeni – e tra questi ci sono welfare, sanità e pensioni. Ma se anche sono presenti nei programmi, la percentuale di proposte concrete resta bassa». Poi certo, a seconda dell’area politica dei vari partiti, c’è una prevalenza di quella e quell’altra area d’interesse. Puntano di più su welfare, istruzione, ricerca e previdenza Pd, Leu e gli altri di centrosinistra (compresa la sinistra di Potere al popolo), mentre sul fronte ‘legge e ordine’ è il centrodestra a farla da padrone. Di temi economici parlano soprattutto +Europa (la lista di Emma Bonino e Bruno Tabacci) e CasaPound, mentre ai temi europei dedicano oltre il 13% del programma fronti opposti: Insieme e +Europa da un lato, CasaPound e Lega dall’altro. 

In sintesi, basandosi sui programmi elettorali, viene da chiedersi come funzioneranno le alleanze, in caso nessun partito o coalizione raggiungesse la maggioranza dei seggi. Il Cattaneo dà una riposta in base all’asse ‘destra-sinistra’ e integrazione europea. Risultato: il Movimento 5 Stelle sta in mezzo. Più vicino a Forza Italia sui temi europei, più contiguo a Leu e centrosinistra sui temi sociali. Il Pd risulta il baricentro della coalizione di centrosinistra, mentre la Lega è il partito più a destra della coalizione di centrodestra, mentre CasaPound risulta più ‘centrista’ del partito di Berlusconi. «I 5 Stelle stanno in mezzo – analizza Ardeni – e sono sempre meno anti-sistema, tant’è che si rivolgono sia agli elettori di centrodestra che di centrosinistra, cioè all’elettorato che va a votare. Per questo si dicono pronti a negoziare nel dopo-voto...». A sinistra, invece, la scelta di Pd e Leu di correre separati potrebbe «penalizzarli da un punto di vista elettorale anche se – conclude Ardeni – Leu potrebbe essere uno dei pochi partiti in grado di pescare tra i delusi dal Pd che, altrimenti, si sarebbero astenuti».