Movimento 5 stelle e i pasticci sui soldi

I nuovi "scandali" e le vecchie pratiche, tutte sul filo del rasoio

Beppe Grillo (ImagoE)

Beppe Grillo (ImagoE)

Roma, 9 febbraio 2018 - Il Movimento 5 Stelle sta pasticciando con i soldi. Le polemiche di questi giorni sull’uso dei fondi a Strasburgo di una ex portavoce e sul trattamento riservato ai due parlamentari di prima fila (Cecconi e Martelli) segnalano oltre che una brutta aria interna al movimento (ambedue le vicende nascono da operazioni di auto-dossieraggio) anche un probabile uso disinvolto dei fondi, che però non è nuovo. Per esempio nell’uso dei fondi dei gruppi parlamentari. Come noto i grillini non percepiscono il finanziamento pubblico proveniente dal due per mille (il nuovo sistema varato dal governo Letta per sostituire il vecchio meccanismo dei rimborsi) ma "accettano" i cospicui fondi per i gruppi parlamentari.

Un bel mucchio di soldi, che nella legislatura appena conclusa ha toccato una cifra tra i 40 e i 45 milioni di euro. Soldi che Camera e Senato versano ai partiti per l’attività dei gruppi, e che sono vincolati a quanto essi fanno e alle spese che sostengono per permettere ai parlamentari di svolgere la loro attività (stipendi ai dipendenti dei gruppi, ricerche legislative, consulenze per la redazione di normative e cose di questo tipo). E' espressamente vietato dalla legge l’impiego dei soldi per attività politica "generica", ossia non direttamente riconducibile a iniziative degli onorevoli, come pure l’utilizzo di quei fondi per finanziare campagne elettorali. Ebbene, il Movimento 5 Stelle tra il 2013 e il 2018 ha più volte sfidato quella normativa, in certi casi in maniera palese.

Solo per limitarsi all’ultimo periodo, sono stati per esempio rendicontate spese del gruppo del Senato per la Marcia della pace Perugia-Assisi del maggio 2017, quella a cui partecipò Beppe Grillo in persona, oppure per l’iniziativa "Italia a 5 Stelle" organizzata dal movimento a Rimini nell’ottobre sempre dello scorso anno. Come pure in palese contraddizione con la regolamentazione appare la destinazione di oltre 300mila euro nell’autunno 2016 per il sostegno al NO al referendum costituzionale. Che cosa c’entra la campagna referendaria nelle piazze con l’attività del gruppo della Camera? Chissà. Medesime perplessità suscitò qualche tempo fa l’utilizzo azzardato dei fondi del Senato per il pagamento degli affitti dei dipendenti del gruppo stesso. Appena le prime notizie di questa pratica vennero fuori emersero le critiche degli altri partiti. Ci fu chi parlò di scandalo o di nuova tangentopoli. Anche la società esterna di revisione dei bilanci avanzò sostanziose perplessità. Poi tutto passò. Ma i punti interrogativi circa un rapporto meno trasparente di quanto possa apparire tra il Movimento 5 Stelle e i soldi restano tutti.