Draghi premier: Berlusconi ci sta. Salvini ci pensa, Meloni fuori

La svolta spacca in tre il centrodestra. Gli azzurri entreranno nel governo, dalla Lega appoggio sui temi ma fissando già la data del voto. Fratelli d’Italia: "Opposizione costruttiva"

Matteo Salvini (Ansa)

Matteo Salvini (Ansa)

La chiamata di Mario Draghi al Quirinale spazza via gli ultimi tatticismi del centrodestra. È il momento delle scelte. Chi vorrà aderire all’appello di Sergio Mattarella per "non perdere l’occasione fondamentale per il nostro futuro" rappresentata dal Recovery Plan, dovrà farlo subito, nelle prossime ore, decidendo se appoggiare "un governo nel pieno delle sue funzioni" (come chiesto dal capo dello Stato), oppure crogiolarsi nell’attesa di elezioni che non ci saranno. Perché la gente non le vuole e lo stesso centrodestra, sul tema, è più diviso di quanto appaia.

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Adesso ognuno dovrà calare le proprie carte. Con un occhio allo scenario e l’altro agli alleati. Matteo Salvini, leader della Lega, come prima reazione mantiene viva la richiesta di "elezioni". Twitta l’art. 1 della Costituzione: "L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al Popolo". Forse una rimozione del nuovo quadro emergenziale. Perché il segretario del Carroccio si trova di fronte quel macigno che per mesi ha scansato, ma che pure – con largo anticipo – gli era stato descritto da Giancarlo Giorgetti, il dirigente leghista più vicino a Draghi: dopo un anno di Covid, le ferite della pandemia, la profondità della crisi e la guerriglia tra le forze del secondo governo Conte avrebbero condotto l’Italia davanti all’ipotesi di un governo di salvezza nazionale guidato dall’unico italiano riconosciuto leader dai grandi della terra.

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Salvini prende tempo. Non è più il comiziante 2019 dai virulenti accenti anti-europei ma vuole ragionare sulla prossima mossa: aprire o chiudere? Il suo elettorato prioritario – nordista e produttivo – chiede che l’Italia sia governata: non salti nel buio o illusioni sul futuro. E l’ipotesi di restare alla finestra, aspettare che Draghi rimetta l’Italia in condizione di correre (se ci riuscisse) per poi ripresentarsi agli elettori da ’Capitano’, nella nuova legislatura, somiglia alla scommessa più rischiosa. Perché tra due anni potrebbe esserci un’Italia diversa – cambiata in meglio o in peggio.

Giorgia Meloni si muove con cautela: "Non penso che la soluzione ai gravi problemi sanitari, economici e sociali della nazione sia l’ennesimo governo nato nei laboratori del Palazzo e in mano al Pd e a Renzi. In una democrazia avanzata i cittadini, attraverso il voto, sono padroni del proprio destino". Poi, però, garantisce che FdI non alzerà barricate. Anzi: "Nel centrodestra ci confronteremo, ma all’appello del Presidente rispondiamo che, in ogni caso, anche dall’opposizione ci sarà sempre la disponibilià di Fratelli d’Italia a lavorare per il bene della nazione".

Forza Italia, prima di esprimersi, promette una valutazione congiunta con gli alleati. Ma è chiaro che la galassia azzurra e quella dei cespugli ex berlusconiani sentono la chiamata del capo dello Stato. E il precedente di Salvini, a governo "contro natura" assieme ai 5 Stelle, autorizza perlomeno analoga autonomia decisionale, tanto più vista l’eccezionalità del momento dichiarata dal presidente della Repubblica. "Un appello drammatico e molto realistico", lo definisce il senatore Andrea Cangini, deciso a spendersi perché il partito valuti il massimo sostegno a Draghi. "Voglio dire una cosa chiara e netta: la maggioranza Ursula in Italia non esiste – prende tempo Antonio Tajani, vicepresidente azzurro –. Si è realizzata a Bruxelles, solo perché a guida Partito Popolare Europeo, che ha vinto le elezioni: gli altri si sono accodati".

Ma le voci dai gruppi parlamentari sono meno drastiche. E sull’ipotesi di non lavorare con Draghi e per Draghi, in una maggioranza comunque assai composita quale certamente emergerà, un partito come Forza Italia potrebbe rischiare la scissione oltre che la definitiva erosione dei consensi in quell’elettorato moderato che si sforza di rappresentare. Perciò Forza Italia in un modo o nell’altro si aggrapperà al nuovo scenario, tra l’altro graditissimo ad Angela Merkel e a tutti i centristi europei. Il finale è già scritto: la stima di Berlusconi per Draghi è antica (risale alla designazione in Bce). Sarebbe ben strano se venisse meno proprio oggi che il vero SuperMario appare finalmente risoluto al grande passo.