Governo Draghi, Mattarella respinge le dimissioni. Si va ai tempi supplementari

Cinque stelle si ritirano sull’Aventino e non votano la fiducia all’esecutivo sul Decreto Aiuti. Il presidente del Consiglio sale al Colle per lasciare l’incarico, ma il presidente rinvia alle Camere

Il presidente del Consiglio, Mario Draghi (Ansa)

Il presidente del Consiglio, Mario Draghi (Ansa)

Roma - È una frana che precipita inesorabile, di ora in ora nonostante i tentativi di frenarla. Sforzi inutili: Draghi si dimette. "La maggioranza di unità nazionale non c’è più. È venuto meno il rapporto di fiducia tra le forze di governo, dice ai ministri dopo lo strappo dei 5 Stelle che, in Senato, non hanno votato la fiducia al decreto Aiuti (passato con 172 sì). Toni che sembrano non lasciare spazi a ripensamenti: chi gli ha parlato ieri racconta che "fa sul serio", e non ha nessuna voglia di tornare in quel teatrino. Resta uno spiraglio, perché mercoledì il premier si presenterà in Parlamento. Mattarella, che non vuole la crisi, respinge le dimissioni con una formula eloquente: "Renderà comunicazioni affinché si effettui, nella sede propria, una valutazione della situazione". Parole che non considerano la partita chiusa: si va ai tempi supplementari.

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Il primo a provare a tenerla aperta, di buon mattino, è il ministro D’Incà (M5s), incaricato da Conte di verificare la possibilità di evitare il voto di fiducia a Palazzo Madama. Ufficialmente Draghi non ne sapeva niente. È difficile credere che un ministro per il rapporti con il Parlamento possa discutere con i capigruppo di questo lasciando il capo del governo all’oscuro. Il tentativo comunque fallisce miseramente: Iv e Fi non vogliono saperne, e quando il disperato escamotage è noto, Draghi lo smentisce: "Si voti la fiducia".

È al capo dello Stato che nel primo informale colloquio alle 15 si deve lo sforzo più autorevole per fare cambiare idea al premier furioso. Non trapelano indiscrezioni, ma tutto lascia pensare che si sia trattato di un faccia a faccia con momenti di tensione. Mattarella espone le ragioni che sconsigliano di andare a votare: l’esigenza di portare avanti il Pnrr, la necessità di non lasciare il Paese senza esecutivo in un frangente di crisi economica e sociale. È probabile che abbia anche segnalato l’effetto negativo che le doppie dimissioni del premier britannico Johnson e di quello italiano avrebbero sullo scacchiere russo-ucraino.

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Sul momento l’ex presidente della Bce non si dimette. Poi convoca il Consiglio dei ministri e nonostante fossero piovute non solo dai partiti italiani ma anche da Bruxelles pressioni pro-ripensamento, dà seguito alle sue intenzioni. Il ministro Orlando lo tira per la giacca: "Torna indietro". E scatena l’ira del "tecnico" Cingolani: "Parli tu che hai fatto il gioco di Conte?". Draghi non arretra, annuncia l’intenzione di rivolgersi al Parlamento pur se dimissionario: uno strafalcione istituzionale al quale il capo dello Stato, che avrebbe comunque respinto le dimissioni, mette una toppa bloccando l’addio. È questo l’ultimo spiraglio prima che parta la corsa al voto: nel Pd ne esaltano l’importanza. "Mercoledì sarà la giornata decisiva", spiega Franceschini. Letta chiede a tutti di lavorare "affinchè il Parlamento confermi la fiducia al governo". Non è escluso che se l’intera maggioranza garantisse a Supermario il sostegno il premier possa tornare sulla sua decisione. Ma è un’eventualità remota, intanto perché Draghi è netto: "Resto se posso lavorare alle mie condizioni".

Che i partiti possano accettare quelle condizioni non è facile: la destra è tentata dal voto. Lega e Fd’I sono in competizione per dimostrare che non temono le urne: "Ora Mattarella sciolga il Parlamento", dice Giorgia Meloni. "Nessuno ha paura di restituire la parola agli italiani", rilanciano in via Bellerio. Più prudente di Salvini, con il quale è in contatto, Berlusconi: "Il governo può andare avanti anche senza 5 Stelle, ma non ci preoccupa il voto". Soprattutto sono i grillini che non possono ora tornare alle condizioni precedenti: "O ci sono risposte vere alle nostre richieste o nessuno avrà i nostri voti", scandisce Conte. La missione per evitare il salto nel buio delle elezioni anticipate è quasi disperata. Se fallirà, Mattarella convocherà i comizi elettorali. Dipenderà dai rapporti tra governo e forze politiche che emergeranno dal dibattito la scelta tra mantenere in carica questo governo per l’ordinaria amministrazione e la gestione delle elezioni oppure l’affidarsi a un governo ad hoc guidato da un’alta carica istituzionale.