Crisi di governo, il voto di fiducia di mercoledì regala chance a Draghi

Mercoledì si voterà, quindi le sensazioni tornano a essere positive. Ma per chiudere bene la legislatura servirà un patto chiaro tra il premier e i partiti

Mario Draghi (Ansa)

Mario Draghi (Ansa)

Roma, 18 luglio 2022 - La decisione della conferenza dei capigruppo della Camera di far seguire una votazione alle comunicazioni che mercoledì prossimo Mario Draghi terrà al Parlamento (Camera e Senato, in qualche ordine è ancora da stabilire con certezza) porta un po’ di chiarezza in questa 'drole de crisi', ossia una crisi-non crisi, una crisi con il governo nel pieno dei suoi poteri.

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Se infatti è stata presa questa decisione è presumibile pensare che in qualche modo lo si sia fatto dopo aver sentito sentito Palazzo Chigi, e perché no, magari qualche spiffero di tutto ciò sia arrivato anche al (o dal) Quirinale. Niente di strano, tutto perfettamente legittimo. E’ anzi doveroso che tutte le istituzioni della repubblica collaborino per chiudere al più presto la crisi.

Se però Palazzo Chigi non si è detta contraria al voto di fiducia è perché evidentemente nutre una certa speranza che l’impasse si stia in un modo o nell’altro ricomponendo. Se tirasse davvero brutta aria, aria di dimissioni incombenti o irrevocabili, Draghi avrebbe forse preferito evitare un voto di sfiducia. Avrebbe preso atto che non ci sono le condizioni per andare avanti con l’azione di governo e sarebbe salito al Quirinale per confermare, stavolta in maniera definitiva, la propria intenzione di lasciare. Mattarella avrebbe preso atto della situazione e probabilmente sciolto le camere.

Il tempo che separa la decisione sul voto a mercoledì sarà quindi impegnato a imbastire la trama politica per permettere a tutti di minimizzare le perdite e guadagnare posizioni per la campagna elettorale cui questa crisi ha di fatto dato il via. Comunque vada mercoledì il governo è infatti finito, e da ora in avanti i partiti tenderanno a differenziare le proprie posizioni, come accade sempre prima delle elezioni.

E se davvero le elezioni anticipate finiranno per essere evitate, cosa più che probabile, c’è però modo e modo di impegnare questo tempo che ci separa dalla conclusione naturale della legislatura (a questo punto subito dopo la finanziaria, diciamo ai primi di gennaio). Ed è questo a cui il premier dovrà puntare, e che insieme al Quirinale chiederà ai partiti. Fate campagna elettorale - il senso dell’appello implicito - se serve datevele pure, ma mettiamo in sicurezza il Paese stabilendo le due o tre cose che servono non tanto a un partito o a un altro, quanto all’Italia. Dopo la scossa grillina andata a vuoto (se così sarà), il tempo delle bizze è finito.