Draghi condanna Conte all'irrilevanza

Il premier obbliga i cinquestelle a ingoiare il rospo ucraino. Ormai i grillini sono ufficialmente finiti

Mario Draghi e Giuseppe Conte (Ansa)

Mario Draghi e Giuseppe Conte (Ansa)

Giunto al bivio più pericoloso dallo scoppio della guerra, Draghi ha scelto di cavarsela con la stessa strategia con la quale è sempre venuto fuori dagli impicci: ha abbassato la  testa ed è andato avanti. Senza stare troppo a mercanteggiare e senza perdere tempo eccessivo, ha scelto di viaggiare a venti metri sulla testa degli altri, e dei Cinquestelle in particolare. E a chi ha assistito al dibattito in Senato sulla crisi ucraina, è parso quasi di vedere due diversi film. Da una parte un premier che parlava di politica internazionale, dall’altra un branco di ragazzotti un po’ indisciplinati un po’ scemotti che facevano chiasso fuori dalla classe. Uno giocava in Champions League, gli altri in terza categoria. 

Un registro che ha permesso al presidente del consiglio di non scendere a patti con le bizze grilline, decretando in sostanza la fine del Movimento 5S. In politica puoi far tutto, ma sei vivo solo fino al giorno in cui dimostri di essere in qualche modo rilevante, rappresentare cioè o una risorsa o un problema. Dal discorso di Draghi in poi, i cinquestelle non sono ufficialmente più né l’uno né l’altro: non sono indispensabili per questa maggioranza perché dopo la scissione dimaiana i numeri ci sono anche senza i contiani, e non sono neppure un problema, perché nessuno di loro, dimaiani e contiani insieme, avrà la forza politica di chiedere le elezioni anticipate. Per tutti lo stipendio di qui al 2023 è troppo necessario. Giuseppe Conte si condanna quindi all’irrilevanza, perché dopo aver minacciato fuoco e fiamme per giorni ha prodotto solo formule piene di alambicchi retorici del tutto vuoti di sostanza, e nei fatti ingoia il rospo che Draghi gli voleva far ingoiare. D’altra parte tutta questa insistenza dei grillini sulle formule (ci si è spaccati per ore sulle virgole della mozione finale) altro non mascherava che un vuoto di politica. Per Conte, avvocato di ricca fama, quasi una deformazione professionale.

In molti si chiedono a questo punto se il governo sia più forte o più debole. Detto che la situazione non è certo delle più facili, tra guerra e crisi energetica, detto che in un anno pre-elettorale nessuno può stare tranquillo, è probabile che i grillini/contiani rappresentino una minaccia inferiore rispetto a prima. Certo, potranno anche minacciare il sostegno esterno o magari anche l’uscita dal governo, ma non è detto che questo sia un male per l’esecutivo. Che, anzi, potrà navigare forse anche più spedito. Draghi ha dimostrato stavolta che la spina alla legislatura non la toglieranno comunque mai e poi mai.