O vi sta bene, o torno a Città della Pieve. Draghi non accetta mezze misure. È disposto a tollerare le fibrillazioni continue dei Cinque stelle e della Lega "le stiamo gestendo bene" ma senza una fiducia piena domani al Senato sul Dl Aiuti, davanti ad astensioni, fughe dall’aula o espedienti vari, è deciso chiudere l’esperienza del suo governo. E non è disposto a concedere un bis. Lo ha detto a Mattarella lunedì, lo ha ripetuto ieri in conferenza stampa, dopo l’incontro con i leader di Cgil, Cisl e Uil: "L’esecutivo non lavora con gli ultimatum, a quel punto perde il suo senso di esistere: se si ha la sensazione che è una sofferenza straordinaria stare in questo esecutivo, bisogna essere chiari". Aggiunge che la scelta va fatta ora, senza progettare di far ripartire la giostra tra poche settimane: "Lo dico anche per tanti altri che a settembre minacciano sfracelli". Un telegramma inviato a due destinatari: Matteo Salvini, in primis, e Giuseppe Conte. Il leghista replica subito d’essere leale. Lui ha poco da perdere: le elezioni ora, dopo una rottura tra Pd e M5s, sarebbero un rigore a porta vuota. Opposto il caso di Conte, messo di fronte a una scelta difficilissima. Il Pd gioca di sponda con Draghi: prima della conferenza Letta (che ha parlato pure con Mattarella) incontra il premier che più tardi ironizzerà con chi vuol sapere se gli ha portato buone notizie: "Letta portatore di buone notizie? Potrebbe essere piacevole. Abbiamo parlato delle prospettive". Draghi, M5s pronto all'Aventino: ipotesi dimissioni. E Salvini punzecchia il premier Il Nazareno fa discretamente sapere che se Draghi dovesse mollare, non insisterebbe per convincerlo a tornare sulla sua decisione. Gli estremi per una retromarcia Conte li può trovare, qualche spiraglio il premier lo ha concesso come nota il leader Pd che ...
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