Draghi al governo o al Quirinale? "Ora è più utile come premier"

Il politologo Galli della Loggia: "Deve completare le riforme, per il Colle riparliamone nel 2029"

Ernesto Galli della Loggia, classe 1942, è storico, politologo e editorialista

Ernesto Galli della Loggia, classe 1942, è storico, politologo e editorialista

Palazzo Chigi o Quirinale? Per Ernesto Galli della Loggia, 79 anni, storico e politologo di chiara fama, il dibattito sulla migliore collocazione di Mario Draghi al servizio del Paese merita una ricognizione approfondita.

Ernesto Galli della Loggia, classe 1942, è storico, politologo e editorialista
Ernesto Galli della Loggia, classe 1942, è storico, politologo e editorialista

Professore, ora che il presidente Mattarella ha escluso la ricandidatura, Draghi al Quirinale è un’ipotesi vantaggiosa oppure l’Italia ci perderebbe?

"Le qualità e le capacità dell’uomo depongono decisamente a favore di una sua permanenza a Palazzo Chigi. Per un’articolata serie di ragioni".

Quali?

"Draghi è uomo del fare, gestire, decidere. Il ruolo di presidente del Consiglio è quello in cui può esprimere meglio le sue competenze tecniche ed economiche; quello in cui naturalmente può incidere sul governo del Paese e sulla costruzione di un futuro all’altezza delle sfide. Al contrario, pur vantando un profilo di primissimo piano, non mi pare altrettanto allenato né vocato a un ruolo istituzionale di grande complessità ed esperienza politica come quello di Capo dello Stato".

Addirittura? Anche Carlo Azeglio Ciampi, altro economista e banchiere, traslocò da Palazzo Chigi al Quirinale.

"Però il passaggio avvenne dopo qualche anno di graduale maturazione. Ciò nonostante Ciampi – che pure fu un buon presidente della Repubblica – interpretò il ruolo in modo troppo poco distaccato dalle dinamiche degli altri attori politici. Credo che rischi analoghi correrebbe Draghi. E non solo. Anche la ministra della Giustizia Marta Cartabia, altro profilo oggi molto in vista, difetta a mio avviso dell’esperienza politica indispensabile al salto".

Anche la durata della carica però merita una valutazione: sicuro che sia preferibile un biennio a Palazzo Chigi rispetto a sette anni sul Colle?

"Oggi l’interesse primario del Paese è avviare la profonda autoriforma prevista dal Recovery Plan e amministrare con pragmatismo, efficienza e oculatezza i 209 miliardi in arrivo. Avviare e magari anche gestire questi processi, così come rassicurare partner e mercati, è il miglior lavoro che Draghi possa realizzare di qui al 2023".

E poi?

"Ci sarà un nuovo parlamento che farà le sue scelte, ma Draghi, dopo aver lasciato solidi binari che qualsiasi eventuale successore farà fatica a spostare, sarebbe comunque spendibile sia in Italia sia in Europa".

Per esempio?

"Deciderà lui, in base a desideri o ambizione. In ipotesi operativa, è di tutta evidenza che potrebbe essere uno straordinario ministro dell’Economia con qualsiasi governo, oppure il candidato più autorevole a presidente della Commissione europea. Il lungo mandato alla guida della Bce e ora la scommessa di cambiare l’Italia determinano un appeal senza pari".

Che piace molto agli alleati e alle cancellerie occidentali. Un abbraccio persino troppo esplicito?

"Esiste una questione reputazionale del nostro Paese che Draghi garantisce come nessun altro. Una ragione in più per farlo restare a Palazzo Chigi fino a quando servirà".

Insomma, è così? L’attuale premier non ha rivali mentre la presidenza della Repubblica vanta altri candidati decorosi e magari anche più strutturati per il ruolo?

"Intendiamoci: in Italia il presidente della Repubblica ha poteri enormi, superiori a quelli del vecchio sovrano della monarchia sabauda. Senza il benestare del Capo dello Stato, non si fa nulla. Alle prerogative costituzionali si associa poi un’influenza decisiva ogniqualvolta le maggioranze siano labili".

E la Carta prevede molto altro.

"Il Capo dello Stato ha il comando delle Forze armate e presiede il Consiglio superiore della magistratura. Per un incarico così ampio e frastagliato servono doti specifiche, a partire da una perfetta conoscenza del mondo politico, dei partiti, del parlamentari, delle dinamiche politiche, dei rapporti anche personali. Lei ce lo vede Draghi a memorizzare facce di seconda fila o a occuparsi del Csm? Sono aspetti nei quali il suo curriculum mi pare meno adatto, sia rispetto alla predominante competenza in altri campi, sia nel confronto con candidature parlamentari".

Vuol fare qualche nome?

"Preferisco un ragionamento di sistema. La storia ci dice che, vuoi per mediazione parlamentare vuoi per trasfigurazione connessa al ruolo, l’Italia ha sempre eletto presidenti della Repubblica buoni o comunque accettabili: ognuno col proprio stile, nessuno con spiccati demeriti. Sui presidenti del Consiglio il giudizio è invece molto più articolato e severo. Ecco perché oggi Draghi presidente del Consiglio vale più di Draghi presidente della Repubblica. Caso mai riparliamone nel 2029".