Roma, 25 aprile 2025 – Sembra che tutti i potenti della terra brucino dalla voglia di incontrarsi approfittando della luttuosa occasione offerta dai funerali di papa Francesco. Annunciano ma, almeno per il momento, non quagliano. E non c’è prova più chiara di quanto tutte le drammatiche crisi che si sono affastellate negli ultimi mesi siano lontane da una soluzione. Basti pensare che a far tremare i polsi al cerimoniale vaticano, che dispone gli ospiti in base all’ordine alfabetico in lingua francese dei rispettivi paesi, c’è la vicinanza tra gli acerrimi nemici Iran e Israele, separati solo dall’Irlanda. Il primo rappresentato dal ministro della Cultura e Guida Islamica, Seyed Abbas Saleh Shariati, il secondo dall’ambasciatore presso la Santa Sede Yaron Sideman. A gettare un po’ di acqua sul fuoco ci pensa in serata il premier Netanyahu; tre giorni dopo il decesso del Pontefice esprime il cordoglio su X: "Lo Stato di Israele esprime le sue più profonde condoglianze alla Chiesa cattolica e alla comunità cattolica nel mondo per la scomparsa di Papa Francesco. Possa riposare in pace".

Nella folla di capi di Stato e di governo – 182 le delegazioni internazionali attese – la figura più centrale è quella di Donald Trump. "Vedrò leader a Roma – annuncia – Vorrei incontrarli tutti, sarebbe bello. E vorrei occuparmi di tutti loro. Molti di loro saranno là e vorranno incontrarmi per parlare di commercio". In cima alla lista ci sono i vertici della Commissione europea: "Stiamo valutando la possibilità di incontrarci con lui", afferma la portavoce Paula Pinho. E naturalmente c’è Volodymyr Zelensky: sono giorni che il presidente ucraino spalleggiato dal premier inglese Keir Starmer e dall’ambasciatore del Regno Unito, Edward Llewellyn, spinge per un summit con the Donald.
Al governo italiano nessuna delle due ipotesi piace molto. La premier ritiene che, nella situazione data, un faccia a faccia tra il presidente americano e quello ucraino possa finire solo come allo Studio ovale, fuor di metafora a botte. Anche l’ipotesi partita da Bruxelles non è molto gradita: Giorgia Meloni sospetta che un vero e proprio incontro prolungato – magari a Villa Taverna – spingerebbe ai margini del negoziato proprio lei, che ambisce a esserne la regista. A Palazzo Chigi non lo ammetterebbero neppure sotto tortura, ma è probabile che abbia fatto quanto in suo potere per stornare almeno la minaccia del vertice sull’Ucraina. I tempi sono strettissimi – Trump arriva stasera alle 23 per ripartire domani – però tutto è possibile specie se il presidente americano decide di festeggiare a Roma il compleanno della moglie Melania, nata il 26 aprile 1970.
Qualche bilaterale ci sarà: per quanto intenda tenere un profilo basso per le esequie, Giorgia potrebbe ricevere visite di cortesia da qualche leader. E gli scambi sul sagrato di San Pietro sono garantiti. La premier ne sarebbe lieta anche perché la collocazione centrale – come padrona di casa – la renderebbe protagonista. Di sicuro, ci sarà quella prima stretta di mano tra l’inquilino della Casa bianca e la prima signora di Palazzo Berlaymont che potrà essere facilmente rivenduta come primo passo sulla strada del disgelo, senza minacciare il ruolo dell’italiana. Quanto all’auspicato summit Usa-Ue potrebbe avvenire a ridosso del viaggio ufficiale che il tycoon farà in Medio Oriente dal 13 al 16 maggio.
Escludere un incontro con Zelensky, deciso a cogliere l’occasione per ottenere risultati concreti, non è facile. Se il presidente ucraino chiedesse un vero e proprio vertice con gli europei con l’obiettivo di strappare un chiaro sostegno contro la proposta di resa avanzata di fatto da Trump sarebbe impossibile dirgli di no. In ogni caso, qualche importante leader del vecchio continente Zelensky lo incontrerà. Di sicuro Starmer, probabilmente altri. In questa situazione il rifiuto di un colloquio da parte di Trump suonerebbe come un segnale chiaro e pesante e approfondirebbe il fossato tra America e Europa. Ecco perché non è improbabile che alla fine il volubile Trump si rassegni a un rapido faccia a faccia con il leader che più detesta: Zelensky. Una sorta di minimo sindacale per evitare ulteriori frizioni con la Ue. Per ogni evenienza comunque la sala stampa di Palazzo Chigi sabato resterà aperta e sempre allerta.