Giovedì 25 Aprile 2024

Conte e il Pd: il governo non rischia. Ma tutto dipende dall’Emilia-Romagna

Una sconfitta può far saltare il banco. E Salvini: tutta colpa di Grillo che ha appoggiato i democratici

Di Maio e Conte (Ansa)

Di Maio e Conte (Ansa)

Roma, 23 gennaio 2020 - Ora che se n’è andato tutti lo ricoprono d’elogi. Compresi molti avversari. Allo stesso tempo Conte, Zingaretti, Speranza, al pari di qualunque voce si levi dalla maggioranza, assicurano che non ci saranno contraccolpi sul governo, alla faccia dei vaticini dell’opposizione. Qualche pezzo da novanta della sinistra pentastellata si spinge oltre: ora che Di Maio non è più in grado di far pesare la sua ostilità a un patto con il Pd, si andrà verso un’intesa strategica. 

Ma questa è solo la facciata: chiusi i taccuini saltano fuori le preoccupazioni. Nessuno, a partire dal premier che non nasconde il "rammarico" per l’addio, è cosi sicuro che le cose possano andare avanti. C’è una grande incertezza su quello che potrebbe succedere all’indomani del voto in Emilia-Romagna. Da una parte è vero che sembra spianata la strada per l’alleanza organica, ma se dalle urne arrivasse una sconfitta, per giunta catastrofica, sarebbe difficile riproporre l’intesa di governo come una formula da ripetere. Non solo: molti puntano l’occhio sulla mossa di Di Maio. Che cosa intende fare adesso l’oramai ex capo politico? Ha fatto rizzare le orecchie una battuta di Salvini che, con molta cura, ha messo nel mirino il fondatore del Movimento scaricandogli addosso la colpa dell’intesa con il Pd, guardandosi bene dal fare lo stesso con l’alleato d’un tempo. "Non me la prendo con Di Maio ma con il signor Beppe Grillo che ha portato alla fine di M5s". Secondo i maliziosi significa che fra i due continua a sussistere una qualche forma di legame politico. E certo il leghista non rinuncerà nelle prossime settimane a lanciare assist. Ma davvero Di Maio potrebbe diventare il cavallo di Troia del Capitano per fare saltare la maggioranza, magari con la speranza di avere più spazio in un futuro governo di centrodestra? Tutti negano, nessuno però ci mette la mano sul fuoco. 

Naturalmente per gli ottimisti questo è un quadro eccessivamente catastrofico: proprio una sconfitta, non lasciando scampo in caso di elezioni politiche, spingerebbe 5 Stelle e Pd a serrare i ranghi per cercare di stare in sella altri due anni piuttosto che tornare a casa senza lasciare traccia. Anche qui, non c’è alcuna garanzia che le cose possano "comunque" procedere, visto che i grillini dovranno affrontare la fase cruciale della verifica dopo le regionali senza leader e senza linea politica. A fianco di un Pd che avrà un segretario azzoppato, il clima diventerà isterico. Con Renzi a guidare la carica su temi caldi come la prescrizione: tutto potrebbe accadere. C’è persino chi prevede un "fantascientifico" cambio della guardia a Palazzo Chigi: Franceschini al posto di Conte. 

La situazione sarà più tranquilla in caso di vittoria, anche solo in virtù della galvanizzazione psicologica al Nazareno. Ma la rosa avrebbe comunque parecchie spine: il successo di Bonaccini, ottenuto senza l’aiuto dei grillini, sancirebbe la loro irrilevanza. Cortesie a parte, il Pd non esiterebbe a reclamare il pedaggio, chiedendo di contare di più nella definizione della linea e in termini di ministeri. Il Movimento, al contrario, dovrebbe fare i conti con un precipizio elettorale pari forse a una trentina di punti percentuali: uno scenario che non renderebbe più serena la situazione congressuale in cui si trova oggi un partito che 2 anni fa stava al 33%, accelerando le lacerazioni interne.