Giovedì 25 Aprile 2024

Elezioni Umbria, Di Maio archivia il Pd ma resta sotto accusa

Dopo la disfatta in Umbria, tensione nei gruppi parlamentari: "Non è il M5s che abbiamo costruito". Il leader: "Basta alleanze"

Il leader dei pentastellati Luigi Di Maio (LaPresse)

Il leader dei pentastellati Luigi Di Maio (LaPresse)

Roma, 29 ottobre 2918 - Che l’Umbria avrebbe regalato solo amarezze, Luigi Di Maio lo sapeva da giorni, ma un risultato così deludente non se lo aspettava neanche lui. Così, all’alba di ieri, dopo un rapido consulto con i suoi (in primis Buffagni e Manlio Di Stefano) il leader grillino ha cercato di sedare gli animi ribollenti del corpo parlamentare stellato, mettendo una pietra sopra la foto di Narni. Il test umbro, ha mandato subito il segnale, è da considerarsi ‘un unicum’ e non ci saranno nuovi esperimenti del genere, se non dopo "un attento esame caso per caso, regione per regione".

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Parole fatte filtrare a risultato ancora caldo che, però, non hanno sortito il risultato voluto. Anzi. La sconfitta, travolgente, non ha fatto altro che accelerare una resa dei conti interna che per Di Maio adesso diventa impossibile proscrastinare. La corrente dei delusi dal Conte bis, guidata da Barbara Lezzi, con Giulia Grillo, Danilo Toninelli e Gianluigi Paragone è pronta a dare battaglia, ma non ci sono solo loro. Ormai i gruppi parlamentari grillini sono polveriere. "Questo non è il M5s per cui abbiamo lavorato tanti anni e con tanta fatica - attacca il senatore siciliano Mario Michele Giarrusso - ogni volta che un attivista vede uno Spadafora, un Buffagni o una Castelli, fugge via disgustato. Dobbiamo dire basta a questi frutti avvelenati e a chi li ha coltivati, sostenuti e difesi". La Lezzi, poi, rilancia l’idea di convocare un’assemblea «non solo con gli eletti perché noi non siamo stati il cambiamento», mentre Carla Ruocco, presidente della commissione Finanze della Camera ribadisce la sua inascoltata ricetta di sempre: «Dobbiamo puntare sulle competenze, che qui non sono utilizzate bene».

C’è Di Maio, ovviamente, nel mirino. Che a metà mattina, capito che lo sconcerto interno al Movimento si stava per tramutare in tempesta, ha tentato la carta dell’abiura dell’alleanza elettorale con il Pd direttamente dagli schermi tv. "Non ha funzionato per me e per me non è più praticabile, perché siamo ai livelli più bassi di sempre". Parole che, però, anziché sedare gli animi, li hanno incendiare: "Luigi sembra contento di aver perso, così potrà dire ‘ve l’avevo detto che l’alleanza con il Pd era sbagliata’", è il ragionamento urticante che rimbalzava ieri in ore di grande trambusto. Il leader azzoppato, però, non vuole mollare. "Bisogna azzerare le aspettative - diceva - tornare allo spirito originario del M5s, che si presenta non per vincere a tutti i costi ma per portare nelle istituzioni i cittadini; la terza via il M5s la può creare fuori dai due poli. In Umbria abbiamo fatto un esperimento, ma il Movimento va meglio quando va da solo". Detta così, peraltro, poteva sembrare anche un de profundis per l’alleanza di governo, ma su questo è arrivata la puntualizzazione: "Sto lavorando affinché questo governo porti a casa il programma nei prossimi tre anni, e poi si faccia valutare dagli italiani. Il voto arriverà e sarà quello il momento in cui valutare se abbiamo fatto bene o male".

Ma prima di arrivare a quel momento, c’è da fermare la slavina che è partita dentro il Movimento. "Non è possibile che tutte le decisioni a livello territoriale vengano scaricate su di me - ecco il ragionamento che ha fatto Di Maio ai suoi – bisogna che ognuno si prenda le proprie responsabilità". Oggi farà un incontro con i parlamentari di Calabria ed Emilia, le prossime regioni chiamate alle urne dove il Movimento potrebbe anche non presentarsi "se non saremo pronti". Poi, al massimo entro domani, l’assemblea dei deputati, consigliati caldamente di trovare la quadra per l’elezione del capogruppo e superare uno stallo che sta diventando grottesco. Ma c’è anche chi chiede di più, ora che i 5 stelle stanno al minimo storico, con alcuni parlamentari (che si trovano in maggioranza con i dem e ieri in evidente stato confusionale), che ripetevano: "Non si può fare una foto di famiglia con il Pd per poi, a distanza di poche ore, rinnegare tutto in un post". Esattamente come ha fatto Di Maio. A finire nel tritacarne anche Roberta Lombardi, considerata l’autrice dell’accordo con il Pd e per questo ‘lapidata’ sui social: "L’accordo con il Pd lo hai voluto tu, tu fai solo polemiche, contro la Raggi e Di Maio e ora critichi chi fa polemiche di posizione. Tu non hai portato un solo voto al M5s e parli ancora", diceva un attivista rispondendo al post in cui la capogruppo scriveva: "Il futuro cammina con le nostre gambe".