M5s, Di Maio non molla: stiamo con la Nato. L’ira dei contiani, processo al ministro

I fedelissimi del leader: "Luigi non ci rappresenta più". La replica: "Su di me ancora odio e cattiverie"

Giuseppe Conte e Luigi Di Maio (ImagoE)

Giuseppe Conte e Luigi Di Maio (ImagoE)

Una bozza contro le armi e contro Luigi Di Maio. I vice di Conte – e quindi, ovviamente, Conte stesso – lo vogliono fuori da governo e dal M5s. L’attacco di ieri, con la risoluzione contro le armi all’Ucraina, rappresenta l’apice dello scontro al vertice del partito di maggioranza relativa. Solo che il ministro degli Esteri non ha alcuna voglia di mollare. Quantomeno non senza combattere. E la risposta che arriva è un ultimatum: "La bozza di risoluzione ci disallinea dall’Alleanza Nato e ci disallinea dall’Ue. Ora non devo dirlo a voi questo che significa – ha specificato Di Maio –, la Nato è un’Alleanza difensiva, grazie alla Nato abbiamo costruito lo sviluppo con i nostri partner negli ultimi decenni e se ci disallineiamo dalla Nato mettiamo a repentaglio la sicurezza dell’Italia". E ancora: "Se è un’alleanza difensiva e ci siamo tutti quanti dentro lavoriamo tutti quanti insieme per una soluzione pacifica. Non è che ci sganciamo e cominciamo a fare cose che magari possono essere utilizzate dalla propaganda russa per dire che l’Italia sta un po’ di più con la Russia che con la Nato: questo non ce lo possiamo permettere".

Dal Senato, dove in queste ore si delinea lo strappo grillino al governo con la stesura del testo di risoluzione, parte il primo affondo: "Chi non se lo può permettere, Luigi? Forse tu?", sibila un contiano di ferro che, con i fedelissimi dell’ex premier, spera in un rilancio del Movimento in chiave elettorale dopo la disfatta amministrativa. Ma sono anche gli stessi che accusano il ministro degli Esteri di parlare a titolo personale e non a nome del M5s. "È bene che si ricordi, Luigi – dicono le stesse fonti – che lui è al governo in rappresentanza del M5s, non a titolo personale...". Accuse che non possono restare impunite. Di Maio si difende. E parla di odio, odio e ancora odio, "odio e cattiverie" nei suoi confronti, sente di avere contro di sé i vertici del suo stesso partito, di quel M5s di cui è stato capo e in cui ora non si riconosce più: "È in corso una deriva preoccupante, ma non per me, bensì per M5s".

Una frase degna dei titoli di coda di un’era e che, di fatto, è irrobustita dalle azioni di Michele Gubitosa e Alessandra Todde, i due vice di Giuseppe Conte, che, con qualche giro parole, fanno capire che lo vorrebbero fuori dal governo e fuori dal M5s. Con Conte i rapporti sono ai minimi termini e sono difficili da ricucire. "Di Maio è un ministro della Repubblica perché è espressione della prima forza politica, non perché si chiama Luigi Di Maio", dice il vicepresidente M5s, Michele Gubitosa. "Mi domando – scandisce – quanto Di Maio nel governo rappresenti ancora il M5s, o se stia rappresentando solo sé stesso o qualcun altro". E di seguito la Todde: "Con queste dichiarazioni, Di Maio si pone fuori dal M5s: noi antiatlantici? Chi lo dice non è in buona fede".

Stando così le cose appare impossibile trovare un punto di caduta, ma Di Maio sta sfidando Conte e non ha alcuna intenzione di indietreggiare per rimettere insieme i pezzi di un M5s che non c’è più.