Occhio a Dibba, la mano de Dios grillina

Se non vogliono soccombere in un governismo che non gli appartiene, i grillini possono solo rispolverare il movimentismo delle origini. E l'unico che può farlo è il vecchio Dibba, il semiusato sicuro

Roma, 22 giugno 2022 - Come è accaduto altre volte di recente, l’ultima scissione all’interno del Movimento 5 Stelle assomiglia a un riposizionamento di ceto politico all’interno di un quadro non ancora composto, e probabilmente non destinato a durare nell’assetto attuale. Si tratta molto spesso di gente che di fatto non ha voti, e scarsa possibilità di prenderli in futuro. Le formule di cui si sente parlare con insistenza assomigliano alle formazioni del Fantacalcio, con annessi immaginari schemi di gioco politico stile quelli dell’indimenticato Oronzo Canà/Lino Banfi. Di Maio con Sala e la Carfagna, no anzi Di Maio con Calenda ma senza Renzi, o forse Renzi con Calenda con Toti ma senza Di Maio... Chi ne ha più ne metta. Schemi disegnati a tavolino, che non fanno i conti con un aspetto che in politica marca invece la differenza, i voti e lo spazio politico dove andare a prenderli. Con gli eserciti formati solo da generali le guerre non si vincono.

Di Battista, Di Maio e Grilli insieme in una manifestazione del 2017 (Ansa)
Di Battista, Di Maio e Grilli insieme in una manifestazione del 2017 (Ansa)

Ecco allora che in tutto questo bailamme post-grillino l’unica figura che si staglia con una certa coerenza e omogeneità rispetto all’immagine sedimentata nel tempo è quella di Alessandro Di Battista, l’uomo che quattro anni fa scelse di restare fuori dal parlamento e che da allora ha mantenuto un profilo compatibile con il Movimento 5 stelle delle origini, e con l’unico spazio politico che tutto sommato i cinquestelle hanno saputo di saper presidiare, quello comunemente (e forse sbrigativamente) detto della 'protesta', del 'vaffa', insomma con l’area movimentista e barricadera, un minestrone assortito di terzomondismo, antiamericanismo, chavismo, pacifismo, antieuropeismo, antivaccinismo, complottismo, disagio sociale, periferie. Un mondo che esiste, e il balzo compiuto in poco tempo dall’'Italexit' del giornalista Gianluigi Paragone (non peraltro un ex M5S) lo sta a dimostrare Senza contare l’alto numero degli astenuti che rappresenta anche quello una forma di protesta.

Ecco, i Cinquestelle in versione 2023 hanno quella prospettiva, che non sarà certo il 33 per cento del 2018 e forse neppure i sondaggi di adesso (siamo intorno al 12-13 per cento) ma che qualcosa può comunque aggregare. E per farlo l’uomo giusto non è Conte, troppo istituzionale, troppo di palazzo, troppo «casta» anche adesso che si è tolto la pochette. L’unica opzione è rispolverare Dibba.