Decreto dignità, congelata la riforma dei contratti a termine

Le nuove norme solo a ottobre. Pressing dei 5 Stelle su Boeri: "Dimettiti"

Il ministro del lavoro Luigi Di Maio (Lapresse)

Il ministro del lavoro Luigi Di Maio (Lapresse)

Roma, 20 luglio 2018 - La stretta sui contratti a termine scatterà a pieno regime dal primo ottobre: fino al 30 settembre, per i rapporti in atto al 14 luglio, continueranno a valere le vecchie regole sui rinnovi e le proroghe, con un periodo transitorio per evitare impatti traumatici principalmente d’estate. E’ una delle correzioni principali concordate tra Lega e 5 Stelle al decreto Dignità. Le altre riguardano l’annunciata reintroduzione dei voucher che, in agricoltura, come nel turismo, potranno essere utilizzati per 10 giorni e non per i 3 attuali; la proroga al 2019 e al 2020 degli incentivi per le assunzioni stabili degli under 35 previste per il 2018, con l’aggiunta di un mini-incentivo per le stabilizzazioni di quelli da 35 anni in avanti; la previsione della causale a carico delle imprese utilizzatrici e non delle agenzie di lavoro per la cosiddetta somministrazione, con l’eliminazione dello stop and go tra una missione e l’altra.   Possibile anche, dopo la protesta di Assindatcolf e gli emendamenti presentati dalle opposizioni (dal Pd a Forza Italia), che si intervenga per esentare dall’aggravio sui rinnovi dei contratti a termine quelli per colf e badanti, che sarebbero costati alle famiglie fino a 160 euro in più. Sminata, ma sempre fino a un certo punto, la partita controversa del decreto Dignità, anche se sui voucher la leader della Cgil, Susanna Camusso, minaccia un nuovo referendum, sul tavolo del governo rimane tutto da sciogliere il nodo del presidente dell’Inps, Tito Boeri. Dopo il fuoco di fila delle accuse e delle contraccuse di due giorni fa tra il professore bocconiano e i vice-premier Luigi di Maio e Matteo Salvini, con il premier irritato con il numero uno dell’Inps, ieri è stata un’altra giornata di polemiche. A scendere in campo contro Boeri, messo nel mirino dal Carroccio da settimane, più di un esponente di primo piano del Movimento. Carla Ruocco parla di «un comizio vergognoso», il capogruppo M5S alla Camera, Francesco D’Uva, insiste: «Per quanto ci riguarda dovrebbe dimettersi. Pensiamo che Boeri voglia candidarsi con il Pd. Lo dica e lasci l’Inps». Ma il super-ministro del Lavoro, Di Maio, spiega di nuovo che «io non ho il potere di rimuovere questa persona, o scade oppure resta dove sta fino alla scadenza. Noi più che dire come normali cittadini che si dovrebbe dimettere, non possiamo fare altro».    Asserragliato nel palazzo di via Ciro il Grande, però, Boeri non sembra avere fretta di andarsene. «Non posso neanche prendere in considerazione le richieste di dimissioni on line», ha spiegato due giorni fa. E ieri, a chi gli ha parlato, ha aggiunto che per dimettersi chiede di essere convocato ufficialmente da Di Maio e Conte, con la richiesta a viso aperto delle dimissioni. Un atto che per ora non viene compiuto perché di fatto Lega e 5 Stelle sono incartati sul nome del successore. Per il Carroccio c’è un solo nome: Alberto Brambilla. Ma il capo grillino non è convinto e potrebbe mettere in campo il suo consigliere Pasquale Tridico. Insomma, un altro braccio di ferro per una nomina. Mentre su Boeri e la sua sorte finiscono per litigare dentro il Pd. Se Gozi e Gori lo vogliono nel partito, da più aree interne l’ipotesi viene accolta con un gelo assoluto.