Decreto dignità, Di Maio e Tria: nessuna accusa al Mef, ma troveremo la 'manina'

Nota congiunta dei due ministri dopo le polemiche per la relazione tecnica. Tria: "Le stime Inps in cui si ipotizza la perdita di posti di lavoro sono discutibili"

Luigi Di Maio davanti uno schermo con l'immagine di Giovanni Tria (Ansa)

Luigi Di Maio davanti uno schermo con l'immagine di Giovanni Tria (Ansa)

Roma, 15 luglio 2018 - Non si placano le polemiche sul decreto Dignità e, in particolare, sulla relazione tecnica che lo accompagna in cui si ipotizza che si possano perdere 8mila posti di lavoro l'anno fino al 2028. Così dopo l'irritazione espressa ieri da Luigi Di Maio ("quel numero, che per me non ha alcuna validità, è apparso la notte prima che il dl venisse inviato al Quirinale") con tanto di frizioni all'interno del governo, oggi arriva una nota firmata congiuntamente al collega Giovanni Tria, ministro dell'Economia. 

"Il ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, Luigi Di Maio, non ha mai accusato né il Ministero dell'Economia e delle Finanze né la Ragioneria Generale dello Stato di alcun intervento nella predisposizione della relazione tecnica al dl dignità - si legge nel comunicato -. Certamente, però, bisogna capire da dove provenga quella 'manina' che, si ribadisce, non va ricercata nell'ambito del Mef".

Inoltre viene poi chiarito che in merito alla relazione tecnica che accompagna il dl Dignità, il ministro Tria "ritiene che le stime di fonte Inps sugli effetti delle disposizioni relative ai contratti di lavoro contenute nel decreto siano prive di basi scientifiche e in quanto tali discutibili".

LA RELAZIONE TECNICA AL DECRETO DIGNITA'

 

 

FORZA ITALIA ALL'ATTACCO - Intanto sul decreto Dignità piovono le critiche di Silvio Berlusconi, secondo cui il governo Lega-5 Stelle "durerà fino a quando Salvini non si renderà conto che permettere a Di Maio di massacrare l'Italia produttiva non è solo dannoso per il paese, ma anche elettoralmente disastroso per la Lega e per i leghisti". Il leader di Forza Italia, in una lunga intervista al Giornale, spiega che "il decreto Dignità è la dimostrazione che Di Maio non conosce nulla del mondo del lavoro". "Non avrei mai creduto, nell'Italia del 2018, di trovarmi di fronte a idee che sembrano uscite dall'archivio polveroso della storia, dall'ideologia comunista fallita nel '900. Di Maio è giovane solo anagraficamente, politicamente risulta vecchissimo. O forse semplicemente non sa di cosa parla, non si rende conto delle conseguenze di quello che dice", è l'affondo di Berlusconi.