Mercoledì 24 Aprile 2024

D’Alema-Renzi, c’eravamo tanto odiati. Scoppia la pace: ora il nemico è Conte

Gli ex premier discettano di politica. E dopo aver benedetto la nascita del governo giallo-rosso, mettono nel mirino Palazzo Chigi

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Peccato, peccato davvero, che causa Covid sia stata la piattaforma digitale Zoom e non una sala da convegni qualsiasi a ospitare il primo incontro dopo molto tempo tra Massimo D’Alema e Matteo Renzi. La fotografia della stretta di mano tra i due sarebbe finita di diritto nel libri di storia alla voce "carissimi nemici" o nell’album dei ricordi nella serie "guarda dove mi portano i risvolti tortuosi della politica", quelli che nascondono considerazioni non certo amichevoli per la sorte del Conte II.

L’occasione è stata il convegno organizzato dalla fondazione dalemiana ItalianiEuropei sul futuro della sinistra, un classico a sinistra sempre bravissima a strologare sui motivi delle sconfitte, a cui D’Alema ha invitato i pesi massimi della sinistra stessa, da Amato a Zingaretti a Franceschini, una carrellata di personaggi che hanno passato gli ultimi dieci anni a farsi la guerra e provocare scissioni l’uno contro l’altro. Ma l’attenzione, al di là dei contenuti del dibattito, era tutta per loro due, e per il motivo, perché in politica niente accade mai a caso, che li ha in qualche modo rimessi l’uno accanto all’altro. Renzi e D’Alema hanno infatti rappresentato due modelli antropologici e politici opposti. Ognuno dei quali ha usato l’altro per definirsi, come in un negativo fotografico. "Se non avete ancora capito chi sono io, sappiate che sono l’opposto di quello là". Matteo fece carriera riempiendo i teatri di mezz’Italia con la parola "rottamazione", e mentre la pronunciava dietro di lui appariva beffarda e dissacratoria la foto di D’Alema. La gente iniziava a ridere e lui capì che forse ce l’avrebbe potuta fare. E così per anni, fino all’ultima campagna elettorale condotta con la parola d’ordine "ogni voto a D’Alema è un favore al centrodestra".

All’opposto, in Matteo Renzi D’Alema ha visto, o vissuto, l’ossessione sinistra dell’uomo solo al comando (l’unico uomo solo al comando che D’Alema ha sempre ammesso è stato lui medesimo, diciamo), poco meno di un anticristo venuto a profanare un tempio, la sinistra, che ha sopportato Renzi solo quando grazie all’ex sindaco di Firenze sono arrivati voti e poltrone, per poi voltargli la faccia quando ha capito che Renzi le poltrone le distribuiva soprattutto ai suoi o comunque a chi voleva lui. Fu soprattutto a causa di una poltrona che avvenne la rottura definitiva e insanabile tra D’Alema e Renzi, quella di mister Pesc (o comunque di commissario europeo) che Renzi promise a D’Alema e che poi finì invece alla Mogherini. Uno degli azzardi che Renzi ha pagato più caro.

Ma quello che fu, anzi è stato, il passato, adesso non conta più, o conta molto meno. Come spesso accade in politica valgono i reciproci interessi, le sensibilità, gli obiettivi. Quello di Renzi è far cadere il governo Conte II. L’insistenza di questi giorni sui temi del rimpasto, le ultime battute sul voto di mercoledì, parlano chiaro. Poco conta il motivo, se sia per cambiare qualche ministro, per riacquistare centralità politica o magari, chissà, per andare lui stesso al governo o prendere il posto dello stesso Conte. D’Alema l’ha capito e confidando nel carattere di Renzi, coraggioso o smargiasso a seconda dei punti vista, sulla sua determinazione, sul suo carattere volitivo di uno che quando si mette in testa una cosa finisce per ottenerla vuole usarlo come si fa con un uomo-bomba.

Ecco il motivo per cui Renzi è stato riammesso chez D’Alema a parlare del futuro della sinistra, lui che uno di sinistra non è stato mai creduto, o forse mai stato. In fondo anche al Lìder Maximo questo Conte II non è mai andato giù fino in fondo. La sua sinistra è finita ai margini, e soprattutto lui è ai margini. Che quando si parli di LeU appaia la faccia del giovane Speranza, il vecchio leader non riesce a farsene una ragione. Così cerca di rimescolare le carte, anche a costo di invitare a casa sua Belzebù, che con la sua incapacità di star fermo il rimescolamento ce l’ha nel dna.

E anche questa volta a dare le carte sarà lui. Diciamo.