
Il ministro della Difesa Guido Crosetto, ieri alla Camera per il Question Time
In un pugno d’ore qualcosa è cambiato: al copione, effervescente ma già scritto, del dibattito alla Camera sulle mozioni su Gaza con l’opposizione all’attacco, sono seguiti passi inediti per Meloni e il suo governo. All’ambasciatore convocato d’intesa con Tajani, la premier non si limita a chiedere conto dell’episodio di Jenin ma allarga la questione a Gaza e alla drammatica situazione umanitaria. A certificare un salto nella linea di estrema cautela fin qui tenuta è il ministro della Difesa, Guido Crosetto, nel Question time pomeridiano a Montecitorio: "Mi ritengo amico di Israele come della Palestina e distinguo Israele dalle scelte del governo attuale, che non condivido".
Ben diversa l’aria che tira all’inizio della giornata: il centrosinistra schiera i pezzi da novanta per parlare di ciò che accade nella Striscia, la maggioranza sceglie ufficiali e nemmeno di grado altissimo. Per chi avesse dei dubbi sul fatto che il centrodestra vuole smorzare il dibattito, basta dare un’occhiata ai banchi del governo: desertificati. C’è solo il sottosegretario agli Esteri Giorgio Silli. Dà il la il verde Bonelli che legge i nomi di alcuni dei bambini "vittime dei bombardamenti del criminale Netanyahu a Gaza", mentre i Cinquestelle sventolano bandiere palestinesi, cui si aggiungono quelle dei colleghi di Avs. Gli riesce il colpo fallito da Conte la scorsa settimana: si alzano tutti. Tranne l’unico rappresentante del governo in aula. Il leader M5s dà spettacolo: "Quella di Israele è pulizia etnica, e il governo è corresponsabile". Ci avete "coperto d’infamia", insorge Fratoianni. Più sobria Elly Schlein, che pure parla di "complicità" del governo con Netanyahu. Neppure i rappresentanti della maggioranza risparmiano qualche critica ad Israele, ma sottovoce. Niente condanne negli interventi o nella mozione approvata, che punta sulla mediazione dei paesi arabi.
Ma che la misura è colma anche per Chigi lo certifica nel Question time Crosetto: "Netanyahu si deve fermare". E poi cerca di parare una delle principali accuse dell’opposizione: quella di mantenere il commercio di armi con Israele. "Niente di più falso": per quanto riguarda le forniture noi rispettiamo le norme internazionali. E cioè i contratti firmati prima di quelle disposizioni sono in essere, gli altri no. Situazione analoga per l’import. Già che ci si trova, il ministro va fuori tema e anticipa una previsione tutt’altro che rosea per l’Italia: gli Usa ci chiederanno un aumento dal contributo alla Nato tra il 3,5 e il 5%. Né queste parole né la timidissima mozione del centrodestra soddisfano le richieste dell’opposizione, soprattutto quelle della ’trimurti’: Pd, M5s, Avs. Nella mozione – bocciata – chiedevano tra l’altro sanzioni e blocco dell’export, il riconoscimento dello stato di Palestina. Il governo non ha intenzione di ottemperare alle richieste, anche se per la premier la situazione diventa sempre più complicata.
Il dibattito parlamentare in sé è simile a tante sceneggiate che costellano ogni legislatura, solo che stavolta la linea delle opposizioni coincide con quella della maggioranza degli Stati europei. Due giorni fa 17 paesi su 27 hanno chiesto l’interruzione dell’intesa commerciale con Israele: l’Italia, come Germania e Ungheria, ha votato contro, ma la ora la palla è nelle mani della Commissione che difficilmente potrà non ascoltare il parere della maggioranza degli stati. Fuori dalla Ue, la Gran Bretagna ha già congelato la trattativa per la partnership. Gelidi anche i rapporti tra Israele e Stati Uniti. Se Netanyahu continuerà nell’offensiva, la premier si troverà di fronte all’eterno problema: correggere la linea passando a una drastica condanna del governo israeliano, o allontanarsi dal grosso dei paesi europei. Il voto favorevole al documento sulle condizioni sanitarie nei Territori palestinesi all’Organizzazione mondiale della sanità – su indicazione della Farnesina – testimonia che la porta è aperta.