Governo, il Pd: porta chiusa a Renzi. Ma la conta al Senato ora spaventa i dem

L’appello: "Ognuno si assuma le sue responsabilità". Orlando: "A Conte non basta la fiducia, serve un nuovo patto di legislatura"

Nicola Zingaretti, presidente della regione Lazio e segretario del Pd (ImagoE)

Nicola Zingaretti, presidente della regione Lazio e segretario del Pd (ImagoE)

ROMA - Il Pd , all’esterno appare tetragono, a pie’ fermo a difesa di Conte e contro Renzi. In realtà, tentenna, oscilla, dubita. Ieri è stata una giornata decisamente no per il governo – i Costruttori, ex Responsabili, a differenza della canzone ‘un fiore in petto c’è fiorito’, non fioriscono – ma il Pd segue il detto napoletano facite a’ faccia feroce .

A ora di cena, mentre tutti capiscono che il borsino della caccia ai Responsabili al Senato va male (anzi, malissimo: il governo sarebbe inchiodato a 151/152 voti, troppo pochi) il Pd prova ad alzare un muro di cinta a difesa di Conte. E fa muro contro ogni tentazione – che pure affiora, in alcuni, specialmente tra gli ex renziani che nei gruppi sono tanti, ma non nei loro esponenti di punta (Franceschini, Guerini), ormai diventati alfieri di Conte quasi quanto lo è LeU – di riaprire i giochi con quel Renzi che, dal Nazareno come altri dem, è odiato, ormai, più che semplicemente detestato.

"Con l’apertura della crisi da parte di Italia Viva – recita la nota ufficiale del Pd, che oggi, di domenica, convoca la Direzione in limine mortis, a un giorno solo dal voto in aula – si stanno determinando condizioni sempre più difficili per garantire un governo adeguato al Paese in una situazione di emergenza, rischiando di aprire scenari imprevedibili. L’Italia sta pagando un prezzo immenso. Il Pd ha sempre ribadito che i problemi vanno affrontati e risolti, non aumentati e fatti esplodere. Per garantire una piena trasparenza si vada nelle sedi appropriate, quelle parlamentari, dove tutti dovranno assumersi le proprie responsabilità per salvaguardare gli interessi del Paese".

La traduzione dal linguaggio criptico del Nazareno è semplice: no a ogni ritorno di accordi con Renzi (persino tra i 5 Stelle cresce il malumore e la tentazione di tornare a parlargli…), avanti con i Costruttori, ’mastellati’ compresi, per dare vita a un nuovo patto di governo e di legislatura dietro Conte. È sempre la linea Zingaretti (segretario)-Orlando (vice)-Bettini (gran consigliori, ormai, di Zinga come di Conte). Ma anche in quest’area – quella che governa il partito e che, in caso di fallimento del governo Conte, bis o ter che sia, vede solo le urne anticipate, non certo un governo di unità nazionale ("Mai con la destra sovranista, trumpiana e anti Ue" è il mantra ripetuto ogni giorno in tutte le salse) – sorgono dubbi e tormenti amletici, sulla linea pro Conte. "La fiducia non basta per governare, al premier serve un nuovo patto di legislatura" dice proprio Orlando. "Dopo la prova in Parlamento – è il messaggio spedito dal Nazareno a Palazzo Chigi – il premier deve sciogliere tutti i nodi irrisolti, dalle riforme istituzionali a quelle per il Recovery Plan". Orlando si rivolge anche a Renzi, dettando al leader di Iv le condizioni per ricucire: "Faccia mea culpa e dia garanzie". Condizioni draconiane e pace, ad oggi, ancora lontanissima, ma improbabile, non impossibile. D’altra parte è lo stesso capogruppo al Senato, Andrea Marcucci, a buttare lì un "in politica mai dire mai", a proposito del tornare o meno a fidarsi di Renzi.

L'umore dei dem è comunque nero. La piccola consolazione del ritorno a casa di un figliuol prodigo, il deputato Vito De Filippo, ex governatore della Basilicata (si parla di altri), non fa diminuire dubbi e paure. I big continuano a dare la colpa della crisi solo a Iv, non a Conte, ma un deputato di Base riformista spiega: "Fino a martedì, cioè fino a quando non si capirà se Conte ha vinto o ha perso la sfida dei numeri non accadrà nulla. Dopo, potrebbero aprirsi tutti i giochi, specie se Conte, capendo di andare incontro a sconfitta certa, decidesse di salire al Colle a dimettersi". A quel punto, anche il Pd, forse, mollerà Conte per aprire a nuovi scenari. Anche perché, come ricorda sempre un deputato dem quirinalizio, "siamo il partito del Colle. Quello che dice lui facciamo".