Venerdì 19 Aprile 2024

Crisi di governo, le pagelle di Pier Ferdinando Casini. Salvini flop, bravo Renzi

Il decano dei parlamentari italiani: "Franceschini sarà l’uomo forte del nuovo esecutivo"

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Roma, 5 settembre 2019 - Chi ha vinto e chi ha perso nella crisi di governo più pazza di sempre? Che figura hanno fatto i leader politici italiani in questa estate fra trattative, accuse incrociate e veti? Ora che il governo giallo-rosso è nato, è arrivato il momento di definire promossi e bocciati. E per Qn si presta a questo gioco insolito il decano dei parlamentari italiani, Pier Ferdinando Casini, per l’occasione analista quasi ‘tecnico’ della crisi. Come si sono dunque comportati i leader politici e le figure istituzionali? Si va da quella che Casini definisce "gestione impeccabile della crisi" da parte del presidente Mattarella (che infatti merita un rotondo 10) all’harakiri di Matteo Salvini (voto: 5), passando per i veri protagonisti delle trattative, più o meno dietro le quinte, cioè Matteo Renzi (8,5) e Dario Franceschini (9) che hanno preso in mano il Pd spiazzando il segretario Nicola Zingaretti (7, comunque). Così come il vero protagonista a 5 Stelle in questa trattativa non è stato Luigi Di Maio ma lo storico fondatore Beppe Grillo (e pure il premier Conte...). Insomma, ora tocca ai ministri - nuovi e di ritorno - del Conte bis dimostrare di meritare o meno certi voti. Casini si limita a commentare che nella squadra di governo "ci sono luci e ombre, ma non poteva essere altrimenti".  

LE PAGELLE DI CASINI

Sergio Mattarella 10

Gestione impeccabile della crisi. Ha impresso un ritmo accelerato, stressando i contraenti ed evitando le estenuanti lungaggini del Conte 1. Ha lasciato ai partiti la responsabilità di scelte che non ha in alcun modo incoraggiato. In questo senso, nessuno (nemmeno Salvini) può lamentarsi del Quirinale

Giuseppe Conte 7,5

Il suo merito è stato quello di evitare di rimanere sotto le macerie del governo gialloverde, smarcandosi in zona Cesarini da Salvini con cui è stato connivente per più di un anno. Abile nei rapporti con l’Europa, che hanno pesato tanto in questa crisi, furbo nel rapporto col M5s, approfittando delle difficoltà di Di Maio.

Beppe Grillo 7

Beppe Grillo si è ripreso il Movimento 5 Stelle dimostrando che, alla fine, quando il gioco si fa duro, entrano in campo i duri e... fuori i secondi. Una piroetta acrobatica pure per lui, ma in fondo nel caos 5 Stelle la differenza la fa ancora il comico genovese.

Luigi Di Maio 6-

Gestione molto deludente di una crisi che, in fondo, gli ha evitato il calvario delle elezioni anticipate. Altalenante e incerto, inutilmente ostinato nella rivendicazione della vicepresidenza, si è ripreso nella fase finale, arpionando il ministero più prestigioso, senza peraltro vantare le adeguate competenze.

Matteo Renzi 8,5

Rieccolo! Ha preso tutti in contropiede per finalità più o meno nobili. Ha spiazzato Nicola Zingaretti contando sui Gruppi parlamentari. Si conferma come l’unico vero anti Salvini... una sorta di riedizione del grande toscanaccio Amintore Fanfani.

Matteo Salvini 5

Come tutti riconoscono, i tempi scelti per aprire la crisi si sono rivelati per lui un harakiri. Ma attenti a darlo per morto. Il suo destino dipende dall’efficacia del governo che si è costituito e dalla capacità di cambiare la sua andatura nei prossimi mesi: non sarà più l’uomo solo al comando, ma dovrà imparare a convivere con alleati.

Giorgia Meloni 7

Nel marasma di questa crisi bisogna riconoscerle un comportamento coerente. Tra gli errori di Salvini e le esitazioni di Forza Italia, sta cercando di posizionare il suo movimento nel solco della vecchia Alleanza nazionale. L’influenza è limitata, ma comunque essenziale per il centrodestra.

Silvio Berlusconi 7,5

Il voto a Forza Italia, messa all’angolo da Salvini, è insufficiente. Nel caos, Berlusconi ha dimostrato di essere sempre l’unico col sale in zucca. Nel finale si è smarcato con un galateo istituzionale irreprensibile dai populisti e ha rimarcato che in Europa senza di lui il centrodestra è isolato.

Nicola Zingaretti 7

È successo l’opposto di ciò che il segretario del Pd aveva annunciato all’apertura della crisi. Ma nell’incoerenza generalizzata almeno ha l’alibi di essersi sacrificato per tenere unito il partito. Memore dei trascorsi nella Fgci, ha gestito la Ditta con concretezza, assicurandosi una fetta rilevante del nuovo potere.

Dario Franceschini 9

È il vero kingmaker di questo governo. Dal 4 marzo 2018 ha sempre guardato alla convergenza tra Pd e M5s. Dapprima isolato, ha insistito con costanza tipica dei vecchi Dc e ha infine realizzato il suo obiettivo. Quasi ininfluente la mancata nomina a vicepresidente del Consiglio, sarà l’uomo forte nel prossimo governo.