Crisi governo, Minniti: "Un disastro. Attenti al Mediterraneo, l'Europa si gioca tutto"

L’ex ministro dell’Interno: "L’incertezza politica fa male al Paese: stiamo lottando contro emergenze energetiche e umanitarie Italia e Francia devono collaborare di più e assumere un ruolo centrale"

Marco Minniti, 66 anni, presidente della Fondazione Med-Or

Marco Minniti, 66 anni, presidente della Fondazione Med-Or

Roma, 15 luglio 2022 - "Guardi, come lei sa ho lasciato l’attività politica da tempo, e seguo il dibattito italiano da semplice cittadino".

E il cittadino semplice Marco Minniti che idea si è fatta di quanto sta accadendo tra palazzo Chigi e il Senato?

"Mi limito a dire che in questa fase una crisi politica sarebbe disastriosa". Marco Minniti è il presidente della Fondazione Med-Or, emanazione di Leonardo che si occupa di cooperazione internazionale, culturale e di formazione in particolare nell’area mediterranea, del Medio e Vicino Oriente. Un originale cuscinetto tra Farnesina, Difesa, Cooperazione Internazionale. Il motto della fondazione è "la distanza ci unisce". Uno straordinario osservatorio per capire quello che sta accadendo. "Viviamo un’epoca di grandi cambiamenti, dopo il 24 febbraio il mondo non tornerà più alla situazione precedente. Non so se tutti colgono l’eccezionalità della presente fase storica. Stiamo per riscrivere le regole di un nuovo ordine internazionale. L’Italia c’è dentro da protagonista, e ci può essere ancora di più".

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Quali sono i nuovi termini?

"Il Mediterraneo si sta scoprendo il nuovo fronte caldo del mondo. E noi ne siamo al centro".

Ma la guerra si combatte in Ucraina.

"L’Ucraina è il teatro dove Putin ha sferrato l’attacco all’Occidente, ma da lì l’onda d’urto si dipana a livello planetario, e il crocevia della crisi è il Mediterraneo. Il futuro passa da lì".

In particolare che cosa?

"Tutte e tre le tre grandi questioni che nascono dalla guerra in Ucraina: la crisi energetica, quella umanitaria, e quella alimentare. Guardi che cosa è accaduto con la visita di Biden a Riad, dai sauditi".

È così importante?

"Se ce la avessero detto cinque mesi fa non ci avremmo creduto. Biden incontrerà i sauditi per concordare nuove misure contro il caro energia, attirandosi non poche critiche. Due giorni fa c’è stato un editoriale del Washington Post che seguiva uno dello stesso tenore dell’ Economist . Segnali. Gli stessi dem erano contrari al viaggio".

Perché Biden sfida l’o pinione pubblica interna?

"Perché sa che se la crisi energetica esplode, l’inflazione negli Stati Uniti sale ancora di più e con essa la crisi salariale e sociale. Votano a novembre, in quel caso rischierebbero di riprendere fiato i movimenti dell’America First. E questo le democrazie occidentali non se lo possono permettere. La Francia è in crisi, la Gran Bretagna pure, l’Italia vive fibrillazioni analoghe. Non reggeremmo".

Torniamo al Mediterraneo.

"La crisi energetica, è evidente, passa da qui. Ma anche quella dei flussi migratori. La guerra in Ucraina ha prodotto nove milioni di profughi ucraini. Se dovesse arrivare anche un flusso forte dal sud, l’Europa non reggerebbe. Pensa che la Polonia, che già ospita due-tre milioni di ucraini sarebbe disposta a prendere anche profughi del sud del mondo?"

Poi ci sono i corridoi del grano, anche quelli transitano dal Mediterraneo.

"Esatto, perché dal grano ucraino dipendono a volte per il 90-95 per cento diversi paesi dell’Africa. Nei giorni scorsi c’è stato un primo incontro, incoraggiante. I russi paiono disposti a qualche segnale concreto. In più farebbero gestire tutto all’Onu e alla Fao, che è diretta da un cinese. In questo modo la Cina che non intende rompere con la Russia ma neppure vuole un allargamento del conflitto, entrerebbe in maniera concreta nella gestione di un dossier per raffreddare la crisi".

Come giudica l’atteggiamento cinese finora?

"La Cina negli anni ha sfidato un nostro pregiudizio, mostrando che capitalismo di stato, sviluppo e scarse libertà potevano coesistere, e bene. Ma è un modello che si regge sul postulato della crescita. Cioè: io stato ti tolgo le libertà ma ti do sempre maggiore benessere. Se lo sviluppo si ferma, il castello cade. Ecco perché non possono permettersi che il mondo vada in fiamme".

Quindi Pechino va coinvolta nella progettazione di un nuovo ordine.

"È un aspetto fondamentale. Come va coinvolta la Turchia, che già si è intelligentemente presa i suoi spazi, e l’India".

Anche l’India?

"L’India è il secondo produttore mondiale di cereali. E ho detto tutto".

E il Mediterraneo?

"Ecco, qui è il punto. In questo riordino post crisi ucraina, e sarà fondamentale capire quando e con quali posizioni negoziali ci si arriverà, è importante che siano coinvolti tutti i paesi del Mediterraneo, per dar vita a una sorta di convenzione tra i loro governi".

Ma serve un nuovo organismo che li unisca?

"Non mi sto riferendo a una unione di Stati, anche perché siamo così diversi. Ma serve far capire a tutti gli Stati, anche i più piccoli, che nessuno di loro sarà lasciato solo e che saranno prese in considerazione le loro esigenze. Questo è il messaggio che deve passare".

E l’Italia?

"L’Italia in questo disegno è centrale. Noi e la Francia. Per troppo tempo l’Europa non se ne è occupata, lasciando spazio a una competizione sotterranea tra singoli paesi. E così gli altri si sono allargati. Pensiamo a che cosa è accaduto in Libia, e al protagonismo che hanno assunto lì turchi e russi, o al fatto che i russi sono presenti come prima non erano in Sael, nel centro Africa, in Mali. Se non torniamo a considerare il Mediterraneo il centro dei nostri interessi ci troveremo stretti in una morsa dalla quale non usciremo. E per far questo è necessario coinvolgere tutti. La competizione sotterranea tra stati deve cambiare".

Italia e Francia ancora più alleate?

"Italia e Francia hanno il compito storico di rafforzare la cooperazione, sviluppando l’intesa che è stata cementata con il Trattato del Quirinale".