Conte tratta sulla task force. Ma il governo ora rischia

Maggioranza divisa sul gruppo di tecnici che deve gestire i soldi Ue. Renzi avverte: "Non sono il solo a respingere la proposta del premier"

Matteo Renzi (Ansa)

Matteo Renzi (Ansa)

Roma, 10 dicembre 2020 - La destra applaude freneticamente, Salvini si alza addirittura per congratularsi. Isabella Rauti si complimenta: un intervento dell’opposizione. Raggelata, invece, l’altra metà dell’Aula, quella di maggioranza: nel Pd, però, c’è, chi come Zanda, l’approva. L’attacco di Renzi è stato durissimo, oltre i confini della semplice critica, al limite dalla sfiducia. Conte aveva provato a evitare lo scontro aperto, glissando sull’elemento che rischia di fare esplodere la maggioranza, ovvero chi gestirà il Recovery plan italiano. Anche a costo di circoscrivere a poche e burocratiche comunicazioni quello che aveva immaginato invece come un alto intervento incentrato proprio sul Next Generation Eu.

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Niente da fare: è lì che vuole battere il capo di Iv e non ha bisogno di appigli. Dedica al Mes un brevissimo passaggio iniziale e poi si lancia all’attacco. "Noi non scambiamo il tema della governance per uno strapuntino. Se ha bisogno di qualche poltrona ce ne sono tre nostre a sua disposizione". Richiama la dignità delle istituzioni, la parlamentarizzazione del dibattito: ribadisce che se la governance verrà inserita nella legge di Bilancio attraverso un emendamento, il suo partito voterà contro. Nel mirino non c’è solo la cabina di regia: "Chi ha deciso che i miliardi per la sanità debbano essere solo nove? Vi sembra normale che sul turismo ce ne siano solo tre".

Il premier fa buon viso a cattiva sorte: "Sono tranquillo". Poi, incassato l’okay di Palazzo madama, assicura che "la politica non sarà commissariata", la proposta di governance "non è stata compresa o letta con attenzione: i manager non tolgono poteri ai ministri, i loro interventi sono subordinata all’ok del cdm"; servono per "sveltire le procedure: troppi ritardi, devono partire i cantieri". Se ne parlerà "comunque" in Consiglio dei ministri, che lui intende riunire al rientro da Bruxelles: "Si troverà la formula giusta, che sarà messa nero su bianco in un decreto legge ad hoc", promette, in un confronto che coinvolgerà tutti, dalle parti sociali al Parlamento. È in fondo l’eterna tattica che il premier adotta di fronte alle difficoltà. Rinviare, stemperare nella speranza che con il tempo le cose si risolvano.

Ma stavolta mediare senza che dalla partita escano un vincitore e un vinto sembra impossibile. Conte è disposto a rivedere questo o quel particolare del suo modello ma non a rimetterne in discussione l’intera struttura. Renzi, tanto più dopo l’affondo in aula all’insegna del "diciamocelo in faccia", non può accontentarsi di un ritocco. Se il premier arretra davvero – come prevede il leader di Iv – spalanca le porte all’offensiva che la sua stessa maggioranza sta preparando per gennaio con l’obiettivo di ridimensionarne il ruolo e circoscrivere in poteri. Per questo è tentato di insistere, sfidando la crisi come fece nel 2019 con Salvini. Fino a ieri lo scontro era durissimo ma lasciava ancora spazi di intesa. Ora tutto è diventato molto più difficile. Nessuno se ne rende conto più del capo dello Stato che dall’allarme dei giorni scorsi è passato ieri sera allo stato di preoccupazione estrema.

 

 

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