Martedì 23 Aprile 2024

L’asse centrista fa paura Conte rinuncia al seggio

L’ex premier non si candiderà alle suppletive di Roma per la Camera Renzi e Calenda avevano minacciato di scendere in campo per fermarlo

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ROMA Giuseppe Conte, leader dei 5Stelle, ha deciso di "declinare" la proposta di candidarsi alle elezioni supplettive del collegio di Roma 1. Candidatura che gli era stata offerta dal Pd, in questi giorni. Lo ha spiegato lo stesso Conte, ieri, durante una conferenza stampa, convocata, peraltro, su tutt’altro (i nuovi ‘comitati politici’ dei 5Stelle). Conte prova a cavarsela con poco: "La mia dedizione completa è al Movimento, in questa fase, non mi è possibile dedicarmi ad altro". Poi, arriva il ‘grazie’ di prammatica a Letta e al Pd, ma l’amara verità – ammettono a mezza bocca i suoi – è che Conte, che pure ci teneva, e parecchio, a entrare in Parlamento e gestire, in prima persona, le trattative per l’elezione del nuovo Capo dello Stato, anche per tenere sott’occhio e le sue (riottose e divise) truppe parlamentari, si è "messo paura". A fargli paura, più che l’ostilità di Matteo Renzi, sarebbero stati i fulmini e saette di Carlo Calenda. Il leader di Azione, inviperito dalla scelta del Pd, aveva già fatto sentire la sua voce domenica scorsa: "Incredibile il livello di sottomissione del Pd al M5s. Non esiste alcun Ulivo 2.0, ma solo un patto di potere tra due classi dirigenti prive di coraggio". Calenda era pronto a scendere in campo in prima persona, o con un suo candidato (il leader di ‘Base Italia’, ex segretario della Fim-Cisl, Marco Bentivogli), con l’appoggio di Iv, +Europa, altri neo-centristi. "Giuseppe, rischi grosso, puoi perdere il seggio", lo avevano avvertito i suoi. Infatti, se è vero che il collegio di Lazio 1 (cioè il centro storico) è, storicamente, appannaggio del Pd, alle ultime comunali, la lista nata in appoggio alla candidatura di Calenda, nella mitica ztl della ‘Roma bene’, aveva fatto il pieno (30% dei voti). Un candidato centrista, magari appoggiato dalla destra, pur in modo surrettizio (senza competitor), poteva farlo perdere e rimediargli una figuraccia nel voto del 16 gennaio. Conte tira una stoccata, in conferenza stampa, proprio a Calenda ("quando uno vede delle uscite saccenti e sguaiate, è inevitabile prendere atto che più che un ‘campo largo’ rischiamo di diventare un campo di battaglia, non ci sono i presupposti") e assicura che "la mia presenza in Parlamento non è necessaria, ma non mi impedirà di giocare da protagonista all’elezione del Capo dello Stato". Certo è che resta il punto: il Pd dovrà fare da solo, a Roma 1. Il candidato prescelto, peraltro, c’era già. I maggiorenti romani del partito volevano metterci l’ex dc-ex PPI-ex Margherita Enrico Gasbarra, forte di suo, a Roma. E così andrà: anche se Letta avrebbe preferito una donna (Cecilia D’Elia o Annamaria Furlan), sarà il turno di Gasbarra, magari con l’ok dei centristi. E così Gasbarra vincerà il collegio, parteciperà, fresco di nomina, all’elezione del Capo di Stato e terrà ‘in caldo’ quel collegio per il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, che a quel seggio pure ambiva, ma preferisce prenderselo avendo una intera legislatura davanti. Poi, magari, il candidato a governare il Lazio, nel 2023, quando si voterà, sarà proprio Gasbarra.