Venerdì 19 Aprile 2024

Conte accerchiato da M5s e mezzo Pd. Solo Zingaretti difende il premier

Non si abbassa il livello di scontro nella maggioranza. Gli Stati generali ancora in alto mare. Fra i dem cresce l’irritazione di Franceschini. Malumori anche tra Palazzo Chigi e il ministro Gualtieri

Giuseppe Conte, 55 anni, originario della provincia di Foggia

Giuseppe Conte, 55 anni, originario della provincia di Foggia

Roma, 10 giugno 2020 - "Non va bene il piano Colao né vanno bene gli Stati generali". L’M5s – che vede come fumo negli occhi il piano Colao – e il Pd – che critica, da giorni, gli Stati generali – suonano, al premier, la campanella, quella del penultimo giro. Un ’alert’ che nasconde, malcelate, insoddisfazioni, malumori, ubbie. Conte, asserragliato a Palazzo Chigi, cerca di recuperare terreno incontrando tutti i ministri scettici (Manfredi, Amendola, Provenzano) e i due capi delegazione di Pd (Franceschini) e M5s (Di Maio), ma la giornata, per lui, inizia malissimo. "La frase “c’è un pezzo di Stato che rema contro le riforme e il governo“, è totalmente inventata e, come tale, non può essere ritrattata" è lo spin-off dei suoi cui tocca smentirla due volte durante lo stesso giorno.

Gli attriti con il Deep State italiano (grand commis, capi di gabinetto, strutture burocratiche, fino a pezzi del Colle) sono risaputi da tempo. Conte, che solo pochi giorni fa ironizzava sul suo futuro ("dite sempre che cado, cado, ma non cado mai…") cerca di metterci una pezza: si piega ai desiderata dei partiti, spergiura loro che il ‘sogno’ di Colao resterà nel cassetto, si dice pronto a farsi concavo e convesso su Stati generali (ancora in alto mare), Mes (idem), incontri con l’opposizione (non pervenuto).

Ma i duelli di Conte con la sua maggioranza sono, ormai, così numerosi e rovinosi che quello col Mef e la struttura di Gualtieri, pur smentito, quasi non fa notizia, ma il Mef tiene il punto: "Di Stati generali noi non sappiamo nulla…". Nel Pd il più rabbuiato è il ministro Dario Franceschini: si è chiuso, da giorni, in un ostinato mutismo. Non ha parlato in Direzione, neppure una sillaba, ma si è presentato, sempre silente, ai ‘contro-Stati’ di Di Maio sull’export organizzati, in pompa magna, alla Farnesina. ’Dario’, come pure la minoranza ex renziana di ‘Base riformista’ di Lotti e Guerini, soffre le mosse di Conte (il gruppo al Senato, per dire, è sul piede di guerra da mesi), ma resta in silenzio.

Ovviamente, i boatos che vogliono il ministro Guerini a un passo da guidare un ribaltone che vedrebbe lui nelle vesti del premier e Di Maio in quelle di vicepremier (con ‘Dario’ che punta solo, come si sa, a succedere a Mattarella) tali restano, boatos di Palazzo, ma il vero alleato fedele a Conte è Zingaretti. Nonostante le critiche pesanti mosse sugli ‘Stati generali’ e sul piano Colao (ieri sono piovute quelle del capogruppo dem Delrio, di Fornaro, Fratoianni ecc.), il segretario dem chiede, sì, "una svolta" profonda al governo, ma – come dice al Foglio il vicesegretario Andrea Orlando – la stella polare del Pd è l’alleanza ‘strategica’ con l’M5s: oggi alle Regionali (la sua Liguria), domani alle Politiche.

Ovviamente, il centrodestra affonda il coltello: Salvini dice che "le idee di Colao vanno benissimo", la Gelmini che "gli Stati generali li contestano pure al governo" e via così. Solo Italia Viva esulta: "Le idee di Colao sono le nostre!". Un buon motivo, agli occhi di Pd e M5s, per diffidarne di più.