Conte e le dimissioni: una scelta obbligata

I numeri non sono dalla parte del premier. Ma una volta che ti sei dimesso, la crisi esce del tutto dal tuo controllo ed entra nell'esclusiva sfera di competenza del Quirinale

Il premier Conte (ANSA)

Il premier Conte (ANSA)

Roma, 25 gennaio 2021 - È notizia di poco fa, il presidente del consiglio Conte domattina salirà al Colle per un colloquio con il presidente della Repubblica Mattarella. È chiaro che non è possibile tirare a indovinare quale sarà l'esito esatto dell'incontro con la più alta autorità dello Stato, ma è evidente che la situazione non poteva andare avanti per molto senza un chiarimento ai massimi livelli. L'esito più probabile anche se ancora non formalizzato sono le dimissioni del premier. Certo è che di fronte a una crisi di governo che va andava avanti ormai da un mese e mezzo (tra periodo in chiaro e no), il presidente del Consiglio (e lo stesso Quirinale) non potevano tergiversare ancora.

Una volta che si sarà dimesso, per Conte si apre però un'altra partita e la crisi che a quel punto sarà anche formale non è più nelle sue mani. Il punto è capire, e questo accadrà nelle prossime ore, se il premier ha trovato i numeri per formare i famosi gruppi di responsabili e così presentarli in qualche modo al Capo dello Stato contestualmente alle dimissioni, oppure se nel colloquioo con Mattarella Conte esternerà le sue difficoltà politiche nel continuare senza una base parlamentare solida.

Stando a quello che è filtrato fino a questa mattina, la ricerca dei responsabili era abbastanza in alto mare, mentre il voto al Senato sulla questione giustizia, previsto per giovedì, è ormai dietro l'angolo. Rispetto ai 156 voti della settimana scorsa dovrebbero mancare almeno due senatori a vita, poi le defezioni politiche già annunciate di Casini, Nencini, Lonardo oltre a qualche altro malpancista. Insomma si fa fatica ad arrivare a 150, forse meno. I renziani voteranno Bonafede contro, quindi sommati ai 140 che la minoranza ebbe martedì scorso si arriva a circa 160 senatori. Con questi numeri, e sempre che all'ultimo non si appalesino altri responsabili, per Conte sarebbe una sconfitta bruciante, che impedirebbe un suo eventuale reincarico.

Ecco il motivo per cui ha prevalso la linea delle dimissioni "spintanee", cioé in qualche modo costrette. Una sorta di arrocco da cui eventualmente pianificare il contrattacco. A meno che domani Conte non arrivi al Quirinale con numeri certi, e che presenti una soluzione della crisi evidente e accettata da Mattarella, siamo però solo all'inizio di una tornata che si annuncia lunga e di non facile soluzione.