Mercoledì 24 Aprile 2024

Dal Cav a Conte, siamo ancora berlusconiani

L'avvocato del popolo e Rocco Casalino sono epigoni della scintillante estetica azzurra che dura ormai da quarant'anni

Silvio Berlusconi

Silvio Berlusconi

Quest’anno Silvio Berlusconi festeggia due compleanni. Il 29 settembre spegnerà 84 candeline. Il giorno dopo soffierà sulle 40 di Canale 5, nato il 30 settembre 1980. Se la prima ricorrenza è privata, la seconda riguarda tutti. Perché solo il ventennio fascista (1922-1943) e il mezzo secolo democristiano (1944-1994) hanno inciso così a fondo nella società come i quarant’anni di berlusconismo, egemonia culturale in cui TV e politica sono inestricabilmente intrecciati e il cui apice, paradossalmente, è la conquista di Palazzo Chigi da parte di Beppe Grillo, acerrimo censore del tycoon.

Che cosa sono, infatti, le immagini patinate di Giuseppe Conte che cammina elegante e svelto per antichi corridoi, siede pensoso davanti al moderno pc, sfoglia dossier fra stucchi e specchi dorati, se non pura estetica berlusconiana? E vogliamo parlare degli stand up sotto il cielo azzurro, giardino labirintico alle spalle, che hanno punteggiato gli Stati generali? O della conferenza stampa sul prato, con Villa Pamphili di sfondo? O, infine, del red carpet nel cortile illuminato di Palazzo Chigi? Regia di Rocco Casalino, manifesto antropomorfo del berlusconismo. Di cui è figlio. Perché Rocco, nato in Germania da genitori emigrati, ha preso l’ascensore sociale al Grande Fratello e frequentato per anni gli studi tv.

E oggi, libertino e spregiudicato, guida la comunicazione del governo. Conoscendo il cavaliere (ho lavorato a Mondadori e Mediaset) scommetto che lo stimi tantissimo: nessuno ha mai curato così bene l’immagine di un premier. Già, l’immagine. Ossessione di Silvio diventata ossessione degli italiani tra diete, palestra e chirurgia plastica. Si manifesta, per la prima volta (1970), a Segrate, paesotto a est di Milano, dove Berlusconi costruisce un quartiere verde. E, genialmente, lo battezza Milano 2 ammodernando, con un logo stilizzato, lo stemma dei Visconti: al posto del moro, in bocca al biscione spunta un fiore. Messaggio chiarissimo: Milano è inquinata, Milano 2 è ecologica, con i palazzi avvolti dal verde. Nasce lì un nuovo modo di costruire. E non si torna indietro. Anzi, si arriva fino al Bosco Verticale di Stefano Boeri (2014).

Nel 1980, ecco Canale 5 e Mike Bongiorno a sovvertire l’idea stessa di TV, facendo apparire di colpo vecchia la bacchettona, composta, rassicurante Rai. Passato scandalosamente a Canale 5, Mike, che su Raiuno in bianco e nero insegnò l’italiano a un Paese di dialetti, ora fa da levatrice alla neonata e multicolor televisione commerciale. Capace di lanciare brand sconosciuti, come Rovagnati. E di stupire con il rivoluzionario, piccante Drive In di Antonio Ricci, spartiacque tra vecchio e nuovo negli anni rutilanti dell’edonismo reaganiano. La Rai? Si adegua. Tanto che i due network oggi sono indistinguibili.

Si adeguano anche, dopo non poche risatine e molto sconcerto, i club di Serie A al nuovo corso del Milan, che Silvio apre con uno spettacolare colpo d’immagine (appunto) scendendo in elicottero sul prato dell’Arena civica (18 luglio 1986) mentre gli altoparlanti diffondono la Cavalcata delle valchirie. Dietologo, divise, grandi acquisti. E ingaggio spiazzante, l’anno dopo, di Arrigo Sacchi, sconosciuto, al posto del barone Nils Liedholm, per vincere con il bel gioco. In un lampo (1987- 1991) i rossoneri seducono il mondo. E il calcio italiano, da lì, in poi, non è più lo stesso. Ultimo cambiamento epocale: la teatrale discesa in campo del 1994, con libreria bianca alle spalle, "L’Italia è il Paese che amo", abiti di sartoria, maglioncino blu e sneakers , in un roteare di lusso e di ragazze che anticipa l’ostentazione di massa su Instagram. E l’alleanza scandalosa con Lega-An-Ccd (oggi, dopo la giostra gialloverderossa, fa quasi tenerezza) che apre la lunga stagione della Seconda Repubblica. Visto? Edilizia, TV, calcio, politica… Piaccia o no, siamo un po’ tutti figli di Silvio. Che ha marchiato indelebilmente la vita degli italiani.

E, ritenuto fuori gioco troppo in fretta, ancor oggi è lì, al centro della scena, tra Conte, Zingaretti, Renzi, Salvini e Meloni, acrobaticamente equivicino. Con Casalino che, perpetuandone l’estetica, certifica plasticamente nei tg, ogni sera, 40 anni di egemonia berlusconiana.