
Franco Tirelli
Roma, 25 maggio 2025 - Onorevole Franco Tirelli, classe 1965 da Rosario, Argentina, esponente del Movimento associativo italiani all’estero (Maie) nelle fila di Noi moderati, perché come eletti nelle circoscrizioni estere avete votato contro il decreto cittadinanza pur essendo parte della maggioranza?
“Noi moderati non ha partecipato alla votazione e come rappresentanti del Maie abbiamo votato contro la conversione del decreto, perché un provvedimento importante come questo non si può fare in 60 giorni. Non c’erano presupposti di straordinarietà, necessità e urgenza proprie della decretazione. La legge del 1992 andava rivista, ma con la procedura ordinaria, senza contingentare i tempi necessari ad affrontare una questione delicata come la cittadinanza degli italiani all’estero. Che anzitutto non sono i “delinquenti“ che ha dato a intendere il ministro degli Esteri, e promotore del provvedimento, Antonio Tajani”.
La stretta sugli oriundi voluta dal governo non dipende però dagli abusi per improprie richieste di cittadinanza?
“Ci sono stati eccessi nei ricorsi legali. Ma non significa che tutti gli italiani all’estero, e specialmente in Sudamerica, siamo dei delinquenti”.
Vi siete sentiti rifiutati dal Paese che amate?
“In Argentina si sente l’italianità più che in Italia. Festeggiamo tutti gli anni il 2 giugno (festa della Repubblica nell’anniversario del referendum del 1946, ndr) più di quanto non si faccia in Italia, con coccarde tricolori su tutti i monumenti argentini. Festeggiamo tutte le feste nazionali, abbiamo gruppi che tramandano il folklore, continuiamo a parlare e insegnare l’italiano e anche i dialetti regionali”.
Su cosa si concentrano le vostre obiezioni? Sul fatto che la cittadinanza sia limitata a chi ha nonni italiani?
“Con quei requisiti non c’è quasi nessuno. Rimangono fuori tutti i discendenti della grande emigrazione di inizio Novecento”.
Ma la norma per cui bastava un ascendente emigrato dopo il 1861 era forse eccessiva...
“Si poteva riformulare la legge con un controllo, ma non con questo limite drastico ai nonni. Ad esempio con la certificazione della conoscenza della lingua, a dimostrazione dell’interesse per la cittadinanza italiana, che eliminerebbe già molte richieste improprie. Credono che con questa legge la situazione delle cause migliorerà, ma non sarà così. Specie dal Brasile arriveranno tantissime cause per la cittadinanza al tribunale di Venezia, da cui vengono gran parte delle famiglie emigrate”.
A breve si vota il referendum sul dimezzamento dei tempi per la cittadinanza, che favorisce anche i nati o giunti in fasce in Italia per cui Forza Italia aveva promesso lo “ius scholae“ poi dimenticato. Il Maie cosa ne pensa?
“In Argentina si vota già da domani. Gli italiani vogliono votare e voteranno. Il Maie non ha espresso un’indicazione, ma vogliamo votare e far votare per dimostrare il senso di responsabilità civico e la volontà di partecipare alla vita politica del Paese”.
E sulla riduzione dei tempi della cittadinanza lei che opinione ha?
“Per me va bene che rimanga com’è stata fino adesso: a 18 anni i nati o arrivati in Italia hanno un anno per scegliere se essere italiani o mantenere la cittadinanza dei genitori. Perciò voterei No”.