Quando si recano alle urne nove milioni di cittadini il voto non è mai banale. E così non è stato. I verdetti giunti da referendum e primo turno delle elezioni comunali 2022 hanno parlato chiaro, e non sono stati una bellissima musica per molte orecchie. A rallegrarsi più degli altri è forse Calenda, che mette a segno qualche discreto risultato, e vede pian piano far breccia l’idea di una sorta di una forza di interposizione - una volta si sarebbe chiamato il terzo polo - in mezzo a quelli che lui definisce i "bipopulismi". Non del tutto scontenta sarà anche Giorgia Meloni, anche se per lei le preoccupazioni non mancheranno. Il centrodestra, e in particolare Lega e FI, non può cantare vittoria per il risultato nei referendum, e a ben guardare neppure per le comunali. Il referendum è stata una debacle, e l’affluenza più bassa di sempre (senza la concomitanza con le amministrative i partecipanti non sarebbero andati oltre il 15/16 per cento) su uno dei temi storici dell’alleanza è un autogol difficile da digerire. Ne esce certamente peggio Matteo Salvini che li ha promossi in prima persona, ma anche Forza Italia storicamente campione di garantismo non può rallegrarsi, e neppure in fondo in fondo Fratelli d’Italia riesce a esultare. La Meloni non è tra i promotori, certo, ha sostenuto solo tre quesiti su cinque, ha mantenuto sull'argomento un certo prudente distacco, e quindi salva meglio la faccia, ma in quanto partito a questo punto di riferimento della coalizione si prende qualche ammaccatura pure lei. Se tutti gli elettori di Fd'I fossero andati a votare, la percentuale sarebbe forse stata maggiore di quella riscontrata. Il punto è che nella vicenda referendum il centrodestra non ha ragionato da coalizione, in primis per colpa di Salvini, ma ha lasciato che ognuno facesse da sé e per sé, ...
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