Il centrodestra di governo. Salvini e Berlusconi, veto sui 5S. Ma una parte tifa Draghi

Solo se il premier tornasse sui suoi passi, l’atteggiamento di Lega e azzurri potrebbe cambiare. Giorgia Meloni insiste per le elezioni, i sondaggi molto favorevoli tentano pure gli alleati

Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi

Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi

Roma, 16 luglio 2022 - Berlusconi non ha nessun dubbio: se c’è l’occasione di tirare un rigore a porta vuota, si coglie e basta. Solo che non lo si può spiattellare senza peli sulla lingua, per questo al telefono con Matteo Salvini insiste per frenare l’irruenza del Capitano che vorrebbe un comunicato intitolato più o meno ’al voto, al voto’. La spunta il Cavaliere, le dichiarazioni congiunte sono pesate con il bilancino: "Il centrodestra di governo vuole chiarezza e prende atto che non è più possibile contare su M5s". Questa, argomenta Silvio, è una formula più elegante per arrivare allo stesso obiettivo, il premier ha affermato più volte che non è possibile un esecutivo senza il Movimento. Inoltre, i due leader sono convinti che per il Pd sia impossibile uno schema che metterebbe alla porta il partito con cui dovrebbe presentarsi alle urne. In effetti dal Nazareno arriva una reazione piccata: "Parlano gli alleati strutturali di chi fa ogni giorno l’opposizione a Draghi", afferma Enrico Borghi.

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In realtà, ove mai Draghi accettasse questa soluzione, ogni resistenza si squaglierebbe. Insomma, l’unico vero ostacolo tra la destra e il voto è il premier. "Ascolteremo ciò che dirà mercoledì, continueremo a difendere gli interessi degli italiani senza paura del voto", spiegano. Non che manchino pressioni sul leader azzurro dall’interno e dall’esterno del partito perché rimuova il veto. La delegazione al governo è scatenata: "Nessuno nel mondo capirebbe l’Italia che manda a casa Draghi", dice Mara Carfagna. Antonio Tajani, il numero due, è pronto a tutto purché l’ex presidente della Bce prosegua nella sua opera.

Si fa sentire l’eterno governista Gianni Letta, ma insistono con Berlusconi anche il Ppe e il Quirinale. Il Cavaliere non si piega: i sondaggi pronosticano risultati brillanti per il centrodestra e buoni per FI se si voterà in autunno. Per lui questa è sempre la prima e ultima considerazione. Neppure Salvini sembra doversi più preoccupare delle resistenze all’interno della Lega. Ieri ha sentito un po’ tutti: i capigruppo, i ministri e i governatori del Nord, preoccupatissimi per le ricadute di una crisi economica senza governo sulla base produttiva settentrionale.

I dubbi restano, probabilmente si rafforzerebbero se Draghi si dicesse disposto a ripensarci. Ma senza una sua retromarcia non si può che affidarsi al capo. Ed è proprio Giancarlo Giorgetti a pronunciare le parole che danno di fatto carta bianca al Capitano: "Draghi oggettivamente non ha le condizioni per continuare. Ho parlato di tempi supplementari, mi pare che le due squadre siano stanche". Affermazioni che, data la vicinanza al premier, non lasciano grandi speranze sulla sua scelta.

Malgrado il pronunciamento, Giorgia Meloni non si fida né della reale determinazione né della lealtà degli alleati. Sulla possibilità che la crisi rientri è netta: "Non mi pare probabile". Però mette in guardia Silvio e Matteo: "Considererei molto grave, se si prestassero in assenza di Draghi a portare avanti la legislatura". Per questo reclama il passaggio immediato all’azione: basta con cene e pranzi ad Arcore, facciamo riunioni costruttive, dichiara demolendo le voci di un Cavaliere pronto a diramare inviti per un incontro lunedì a villa Certosa, in Sardegna. "Io credo che i prossimi vertici dovrebbero tenersi in una sede istituzionale, svolgersi con un ordine del giorno e concludersi con delle decisioni". Insomma, la sorella d’Italia non vede l’ora di bruciarsi i ponti alle spalle e di cominciare a parlare di candidati: l’occasione c’è e va colta.

Su questo i tre leader sono d’accordo, anche se i nodi irrisolti restano tali, a cominciare da chi farà il premier nell’eventualità di una vittoria della destra. Sul punto leghisti e forzisti sono determinati: non sarà Giorgia Meloni. È improbabile che lei concordi. Ma questi sono problemi da affrontarsi una volta archiviata per sempre l’esperienza del governo Draghi. Non a caso è lei a chiarirlo: "Ci vedremo con gli alleati dopo il discorso del presidente alle Camere".

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