Pd, braccio di ferro sui capigruppo. Renzi vuole imporre i suoi fedelissimi

Cariche a Montecitorio, ok su Guerini. Resta il nodo Senato Presidente della Camera, c'è l'accordo su Roberto Fico Elezione presidenti di Camera e Senato, chi sono i possibili candidati Presidente del Senato verso Forza Italia

Maurizio Martina e Matteo Renzi (Ansa)

Maurizio Martina e Matteo Renzi (Ansa)

Roma, 21 marzo 2018 - "Non ci hanno proposto nulla di concreto". Il neo-segretario del Pd, Maurizio Martina, e il coordinatore della segreteria, Lorenzo Guerini, solcano il Transatlantico della Camera dopo aver incontrato i capigruppo M5S Toninelli e Grillo. 

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Non si tratta di dispiacersi, ma di constatare. Per il resto, che si faccia o meno un referendum interno tra gli iscritti (lo strumento è previsto dallo Statuto, ma manca il regolamento attuativo), la posizione del Pd è chiara: "Noi stiamo all’opposizione". Poi, certo, i dem hanno chiesto ai pentastellati di seguire un metodo, per le presidenze delle Camere come per gli altri organi (vicepresidenze, questori, segretari d’Aula) cioè "quello di cercare delle personalità di garanzia". "Se ci riescono bene – dicono Martina e Guerini – sennò facciano loro". 

Il Pd vorrebbe avere l’ok di M5S e Lega per i vicepresidenti su Rosato alla Camera e Anna Rossomando (area Orlando) al Senato. Per il resto, però, è buio pesto. Il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti e Carlo Calenda si scaldano a bordo campo. Per ora, bisogna capire quanto Renzi controlli i gruppi parlamentari. Per i capigruppo – giovedì la prima riunione con deputati e senatori, presente Martina e i capigruppo uscenti, Zanda e Rosato – il braccio di ferro si gioca al Senato. Alla Camera, sul nome di Guerini, l’unanimità c’è, ma al Senato Renzi vuole imporre Marcucci, e i non renziani recalcitrano: potrebbero votare per la Bellanova o Mirabelli (area Franceschini).