Martedì 23 Aprile 2024

Umberto Bossi, la solitudine del fondatore della Lega

Vecchio, indebitato, malato e dimenticato proprio quando la sua Lega sta per vincere

Umberto Bossi, 77 anni, accompagnato da un commesso in Senato

Umberto Bossi, 77 anni, accompagnato da un commesso in Senato

Che ne è  di Umberto Bossi? Che ne è – in queste ore in cui la Lega pare destinata all’imminente trionfo – del Fondatore? Dell’uomo che tutto dal nulla creò? Egli resta, della Lega, presidente a vita; ed è senatore, anzi Senatùr come quando l’avventura cominciò. Ma nessuno si rammenta più di lui. Egli è vecchio, indebitato, malato e soprattutto solo. Da quando – il 14 febbraio scorso – il vecchio leone ha avuto il secondo "scioppone" della sua vita (il primo lo subì nell’inverno del 2004, in una notte di neve e di maldicenze), entra ed esce dalla casa di cura Villa Beretta, a Costa Masnaga, provincia di Lecco, Padania profonda. Qui è riverito e accudito, va detto. Lo costringono a pranzare all’ora di pranzo e a cenare all’ora di cena: lui che alle quattro di notte si abbuffava, in qualche pizzeria del Varesotto o a Ponte di Legno, di spaghetti in bianco e Coca-Cola. Ma guai a chiedere a un’infermiera – ad esempio – un caffè. L’Umberto è tenuto a stecchetto. Gli adorati sigari, poi, se li deve scordare. Quando sa che un qualche amico lo va a trovare, l’ex potente si trova costretto a implorare, a supplicare. Lo fece, qualche mese fa, con Marco Cremonesi del Corriere della Sera, al quale chiese di portargli di nascosto un ammezzato Garibaldi. Niente. Neanche questi piccoli piaceri possono più far parte delle sue giornate. Li avessero beccati con il Garibaldi in mano – Cremonesi e lui – sarebbero stai guai.

La testa è lucida, ma le gambe non rispondono più. Quando non è a Villa Beretta, Bossi è nella sua casa di Gemonio, Valcuvia, provincia di Varese. Ma di quella villa Liberty – comprata alla fine degli anni Ottanta e ristrutturata dall’amico architetto Giuseppe Leoni, uno dei leghisti antemarcia – non può godere che dell’ingresso a piano terra. Insostenibili ormai, per lui, le barriere architettoniche: la villa – quattrocento metri quadri più duemila di giardino, piscina con vista panoramica e camino del Settecento di grande pregio, pare – è su quattro livelli: troppi, per un uomo in sedia a rotelle. E così è stata messa in vendita presso l’agenzia Sognocasa, Immobiliare.it.  Messa in vendita perché inaccessibile al vecchio Capo ma anche – e soprattutto – perché la famiglia è piuttosto in bolletta. Sì, è vero: le disgrazie di Bossi cominciarono quando la magistratura scoprì che parte dei fondi della Lega erano stati utilizzati per le spese familiari: ma chi conosce il Senatùr sa che il suo obiettivo non sono mai stati i dané; l’ha rovinato, piuttosto, una storia tutta italiana di ‘tengo famiglia’, di ‘ogni scarafone è bello a mamma sua’, ma questo sarebbe un discorso sgradevole. Comunque, la casa è stata messa in vendita a 480.000 euro ma dopo qualche mese si è dovuti scendere a 430.000: e ancora non si fa avanti nessuno.

Fra quelle mura, negli anni d’oro, mendicavano legioni di ministri, parlamentari, assessori, sindaci, imprenditori, presunti amici e così via: insomma la casa non era mai vuota. Adesso, nessuno che suoni il campanello. È l’autunno del Capo. "Acciaccato, snobbato da quelli che gli devono una vita agiata e ossequiata. Negli ultimi anni dell’anziano leader è difficile non leggere una parabola sul crepuscolo degli idoli. E sull’ingratitudine umana", ha scritto Cremonesi su Sette, in un magistrale racconto.

Una decina d’anni fa andai per il mio giornale d’allora, La Stampa, a Bruzzano, alla Festa della Lega, la sera del suo compleanno. Bossi, che era ministro, arrivò da Monfalcone, dove aveva fatto visita ai cantieri navali, e fu accolto da una festa a sorpresa. Salì sul palco e si accesero tanti luci, e tutti cantarono "Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri Umberto, tanti auguri a te". Lui, che era già segnato dalla malattia e parlava con poca e roca voce, improvvisò un discorso commosso, confondendo perfino la città da cui era appena arrivato: "Ero a Trieste a vedere come costruiscono le navi da crociera... Voi non avete idea di cosa sono le navi da crociera... C’è su anche il ristorante, c’è su la sala da ballo e il cinema... Eh... Ci sono addirittura i bagni dentro le gabine (diceva così, ‘gabine’ e non cabine, perché così si dice in lombardo, ndr)... Eh... Ho visto come lavorano gli operai del Nort (diceva proprio così, Nort e non Nord, perché così si dice in lombardo, ndr)... C’era Calderoli che continuava a dirmi: Umberto, andiamo a Milano alla festa della Lega. E io: ma no, stiamo bene qui... Poi telefona Maroni, poi Castelli, e tutti: Umberto, andiamo a Milano. Io non capivo. Adesso ho capito: volevate farmi la festa di compleanno". Gli volevano tutti bene, al Capo. 

Nel settembre del 2017 cercò di parlare a Pontida. La sua Pontida. Glielo impedirono. E peggio ancora del divieto fu la falsamente compassionevole motivazione: "Umberto, non volevamo che tu fossi fischiato". La sua Lega sta per prendere non solo il Nord ma perfino la nemica Roma. Ma lui, il Fondatore, è ormai come uno di quei vecchi familiari di cui ci si vergogna, e che si chiudono in cucina se viene qualcuno.