Mercoledì 24 Aprile 2024

Decreto dignità, sfida al governo. Ora Boeri ha i giorni contati

Scontro istituzionale senza precedenti partito dai numeri contenuti nella Relazione tecnica IL COMMENTO La manina non è gelida - di G.CANE'

Il presidente dell'Inps Tito Boeri (Ansa)

Il presidente dell'Inps Tito Boeri (Ansa)

Roma, 16 luglio 2018 - Assediato nel fortino di via Ciro il Grande, Tito Boeri, il bocconiano presidente dell’Inps, va all’ultima sfida con il governo giallo-verde, dopo aver incrociato le spade anche con i due governi precedenti, di Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. Ma questa volta, secondo tutti i beninformati, potrebbe avere i giorni contati. E il primo a saperlo è il diretto interessato che ha firmato una nota che nessun civil servant avrebbe mai fatto uscire pubblicamente. Un gesto di "ribellione e di grave scortesia istituzionale", come viene definito tanto al Lavoro quanto al Mef, che ha fatto seguito a telefonate bollenti con l’entourage del ministro Luigi Di Maio e con lo stesso leader grillino.

IL COMMENTO La manina non è gelida - di G.CANE'

Eppure, il professore chiamato alla guida dell’Istituto previdenziale da Renzi (che, insieme con l’ex ministro Giuliano Poletti e l’ex sottosegretario Tommaso Nannicini, si è pentito della scelta a stretto giro), ha cercato di stabilire un asse proprio con il capo dei 5 Stelle. Tanto che quest’ultimo lo ha difeso dagli attacchi di Matteo Salvini in pubblico e in privato. "Il suo mandato – avvisava solo qualche giorno fa il vicepremier grillino – scade nel 2019. E su molte cose abbiamo una visione comune. Penso ai vitalizi e alle pensioni d’oro". D’altra parte, Boeri ha incontrato più volte il fidato consigliere del ministro del Lavoro, Pasquale Tridico: un sodalizio supportato dalla struttura di ricercatori messa in piedi da Boeri in ambito Inps, con crescente disappunto del Coordinamento statistico-attuariale dell’Istituto.

Ed è proprio da via Ciro il Grande che vengono fuori le valutazioni finite nella Relazione tecnica della discordia. Due valutazioni di segno opposto: la prima, del 5 luglio, nella quale si certifica che la stretta sui contratti a termine non avrà effetti negativi né sui conti né sull’occupazione, la seconda, dell’11 luglio, nella quale si stima un impatto di 80 mila disoccupati in dieci anni e un costo da 60 milioni di euro nel 2019. La Ragioneria generale, però, aveva già bollinato la prima e, dunque, sul piano tecnico non c’è nessuna ragione per richiedere la seconda. Salvo che quando arriva, come da prassi, viene recepita. Ma anche dal Ministero del Lavoro non è stata richiesta la seconda. Peccato, però, che quando arriva viene sottovalutata negli effetti politicamente devastanti che può avere. E, soprattutto, non c’è nessuno che si periti di chiedere conto a Boeri della doppia e opposta previsione. Dunque, se la manina consapevole è quella di Boeri, come da lui stesso rivendicato con orgoglio, anche nell’entourage di Di Maio, però, c’è qualche manina (inconsapevole) che lascia passare un documento delicatissimo senza rendersi conto delle conseguenze.

Ma più di un addetto ai lavori si domanda come mai il flusso di dati e studi passi direttamente dalla presidenza Inps – attraverso il capo della segreteria di Boeri, Luciano Busacca – al ministero del Lavoro e alla Ragioneria e non invece attraverso la Direzione generale dell’Istituto. E non manca chi ricorda un precedente nefasto: quello delle valutazioni Inps sugli esodati fornite all’epoca al ministro Fornero dal presidente Mastrapasqua, con l’esautoramento dell’allora direttore generale Mauro Nori.