Mercoledì 24 Aprile 2024

Bertinotti e Warhol, falce e pennello. Rizzo punge: comunista da salotto

Il leader del nuovo Pc commenta la foto con i quadri da un milione di euro: "Fausto è quella roba lì..."

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Le immagini di Fausto Bertinotti in posa compiaciuta nel suo salotto romano con i tre Mao di Andy Wahrol appesi sopra la testa – valore almeno un milione di euro, forse più, secondo cataloghi,esperti e case d’asta – non appassionano Marco Rizzo, 60 anni, segretario del Partito Comunista italiano: "Bertinotti è quella roba lì, inutile girarci intorno".

Che cosa non la convince: il Mao trasformato in icona pop, l’ostentazione di un’esistenza agiata, una certa idea patinata della vita?

"La forma è sostanza, e quell’immagine ci dice chiaramente che la rivoluzione comunista non è mai stata nei piani del Subcomandante Fausto. Innamorato del Chiapas – al massimo dei suoi piani alternativi. Io della rivoluzione russa. Vuol mettere?"

Reagisce così perché il suo ex collega di Rifondazione ha gusto per il bello stile, mentre lei gioca alla parte del comunista tutto d’un pezzo?

"Quando Armando Cossutta ce lo presentò come segretario di Rifondazione, qualche dubbio in direzione lo avemmo. Però da ex sindacalista sembrava almeno appassionato al mondo del lavoro. Ahinoi, abbiamo poi scoperto sul campo il teorico di un eclettismo senza radici, di un movimentismo senza bussola, in cui Lenin e un centro sociale – chessò il Leoncavallo – possono avere lo stesso peso nella quotidiana invenzione di provocazioni, temi o suggestioni. Ennò, dico io, la teoria dell’eclettismo non va bene. Se sei un comunista l’esaltazione delle differenze è solo un problema, perché il potere si conquista con la disciplina".

Lei comizia. Non è che invidioso dei tre Warhol?

"Guardi che io dipingo. Sono un dilettante, sì, ma me la cavo decorosamente. Le giro qualche scatto. Ecco, ora ce l’ha sul telefonino: un Mohammed Ali e un Karl Marx a olio, un Marlon Brando con tecnica mista...".

Vedo anche lavoratori in marcia stilizzati e cupi.

"Sì, ho sperimentato pure i temi del neorealismo russo concentrato su popolo e produzione. Mi diverto, mi svago, lavoro per piacere. Ho partecipato a mostre di beneficenza per lotta al cancro e aiuti ai terremotati di Amatrice. Mettiamola così: Bertinotti vede l’arte come un suo possesso, io i quadri li faccio e poi li regalo. Se permette, anche in questo siamo diversi".

Mi ha girato altre foto: lei bambino con giraffa sullo sfondo.

"Sono allo zoo con mio padre, operaio a Mirafiori, in giacca e cravatta almeno la domenica. Io vengo da quella cultura lì, da quella del popolo che lavora e lotta per le sue conquiste. Una storia che non rinnegherò mai".

Se avesse dei Warhol in casa, cosa ne farebbe?

"E me lo chiede? Li venderei subito. Per finanziare la rinascita di un Partito comunista efficiente e sempre presente nel dibattito mediatico e sociale. Perché la politica costa, è inutile fingere il contrario".

I 5 Stelle invece predicano purezza.

"Sono partiti dagli interessi delle persone, nei meet-up, e si sono chiusi nei palazzi. Sbalorditivo".

La sinistra invece si è asserragliata nei salotti?

"Il Pd non è mai stato di sinistra. È un cliché rappresentativo".

Dipinga lei il futuro.

"Lo vedo nero. E non solo per la demagogia di una destra pericolosa. In autunno questo paese soffrirà una crisi pesantissima. Se si cementano lavoratori salariati e ceto medio proletarizzato (quello degli artigiani e di tutti quelli che non ce la fanno più), una prospettiva nuova si realizza. Sono 22 milioni di persone, un blocco sociale che va rimotivato e sottratto a propagande senza esito, o peggio, a rischio di precipizio".

E qui rispunta il Partito comunista.

"Nel 2018 abbiamo preso 100mila voti. Nel 2019 250mila. Possiamo crescere ancora".

Bertinotti ha fiuto per relazioni e buoni affari, potrebbe almeno reinventarsi tesoriere?

"Per carità, lasciamolo in salotto. Chi vuol rappresentare le angosce della società e del mondo del lavoro almeno con un piede deve starci dentro".