Giovedì 18 Aprile 2024

Bertinotti boccia Letta: rifondazione centrista. "Questo Pd non dice nulla di sinistra"

Secondo l’ex presidente della Camera la nuova segreteria è un’operazione di palazzo: "La questione donne è solo strumentale"

Fausto Bertinotti, ex segretario del Partito Comunista

Fausto Bertinotti, ex segretario del Partito Comunista

"Ai lavoratori di Amazon per la prima volta in sciopero chiederei se qualche partito oggi li rappresenti. Credo che la risposta sarebbe no. Ennesima riprova che la sinistra ha smesso di esistere e che il Popolo degli abissi, come lo chiama Jack London agli inizi del Novecento, è ancora in difficoltà. Oggi più che mai". Fausto Bertinotti, ex sindacalista, ex segretario di Rifondazione comunista, ex presidente della Camera, a 81 anni (compiuti ieri) osserva con disincanto il nuovo panorama italiano.

Cosa l’angustia, presidente?

"Se neppure il neosegretario del Pd, nel suo discorso di insediamento, pronuncia le parole “sinistra“ e “socialista“, il segnale è chiaro. Nella devastante crisi della politica nuove forme di supplenza dominano la scena".

Quali?

"Emerge un paradigma di autorità. Letta è implorato nuovo segretario del Pd con processo analogo a quello con cui, pochi giorni prima, Mario Draghi è acclamato premier del Paese. Una crisi non si risolve più attraverso percorsi politici ma solo mobilitando risorse esterne".

È lo spirito dei tempi?

"No, ormai è qualcosa di più profondo. Una tendenza neo-oligarchica che si impadronisce dello Stato e dei partiti: tutti a forte impronta lideristica".

Con la parentesi di Zingaretti.

"Il Pd, da partito simbolo della governabilità, era rimasto senza segretario: anziché compiere un’operazione di verità, con l’auto-scioglimento e una nuova costituente, sta provando a ritrovare gradimento con un mero cambio di assetti".

Meglio che sparire. I sondaggi lo davano al 14%.

"Non vede che tutto cade dall’alto? Persino la questione della sottorappresentazione femminile ai vertici del partito finisce in un meccanismo riparatorio suscitato dal leader anziché liberamente costruito".

"Progressista nei valori, riformista nel metodo, radicale nei comportamenti". Quanto meno suona ambizioso: cosa non la convince del Pd immaginato da Letta?

"Vado oltre lo slogan, le vaghe allusioni a un sistema di valori, le nostalgie uliviste difficili da calare in un sistema profondamente cambiato. Letta compie un’operazione di potere sostanzialmente neocentrista. Da erede del prodismo, tenta di rilanciare il Pd come perno della governabilità. Tutto qui".

Forse l’unica opzione, visti i tempi?

"Questo Pd bloccato nei suoi schemi non è in grado di affrontare il principale problema della politica, e in particolare della politica della sinistra: la costruzione di un rapporto con il proprio popolo di elezione, un popolo di lavoratori e di precari che vive gravi forme di disagio e non trova più chi lo rappresenti".

O magari lo cerca altrove, dalla Lega ai 5 Stelle: vedi flussi di voto nelle ex regioni rosse ormai tutte contendibili.

"l sentimenti di protesta possono trovare occasionale accoglienza in altre scelte ma senza quel rapporto identitario che la sinistra ha storicamente coltivato e organizzato".

Insomma, non sarà Letta a intervenire sui difetti fondativi del Pd.

"E come potrebbe? È stato chiamato per necessità, per pura questione di sopravvivenza".

Il protagonismo di questi giorni appare rivolto anche a modificare i rapporti di forza con i 5 Stelle e ad attenuare la subalternità a Giuseppe Conte della segreteria Zingaretti?

"È una sfida particolarmente insidiosa perché, dopo la partecipazione a tre governi di fila, anche i 5 Stelle hanno cambiato pelle e sono diventati un partito che ha la governabilità come unica ragione sociale. Vedi Pd".

Lei è sfiduciato. E se fosse Draghi, nel gioco dei contrappesi di governo, a dire un giorno qualcosa di sinistra?

"Scusi, e perché mai dovrebbe?"