Mercoledì 24 Aprile 2024

Berlusconi molla Parisi: crea grane

"Non ha i voti e litiga con la Lega". Il manager tira dritto: così perde. E l'ex premier medita sul rientro

Silvio Berlusconi e Stefano Parisi (Ansa)

Silvio Berlusconi e Stefano Parisi (Ansa)

Roma, 16 novembre 2016 - Un altro delfino arpionato. Travolto da un mix di irritazione e di risentimento dopo la manifestazione di Padova, Berlusconi scomunica Stefano Parisi: «S’azzuffa con Salvini, non può avere un ruolo nel centrodestra», dice a Radio Anch’io . Per la prima volta dopo anni, non cambia idea subito. Va avanti sulla strada indicata in un paio di colloqui privatissimi, lo scorso weekend: «Lui non unisce, non ha i voti, mi crea troppi problemi senza risolvere niente». Brucia l’uno-due dell’ex direttore generale di Confindustria che, prima dal palco e poi in una serie di interviste tra sabato e domenica, ha sparato su Forza Italia, il leader leghista, le magnifiche sorti e progressive della coalizione. Con la realpolitik che non gli fa difetto, il Cavaliere dice chiaro e tondo che – restando questa legge elettorale – non c’è altro sbocco che l’alleanza con Salvini e Meloni. «Tra Matteo e Parisi non sono rotture definitive, sono scontri personali». Pubblicamente non usa lo stesso termine che – quattro anni fa – costò lo scettro ad Alfano nel Pdl ma la sostanza è quella: ritiene che l’uomo scelto per rifondare il centrodestra non abbia il quid. Il tempo rimargina le ferite, per cui ora Angelino ci ride su: «Avanti il prossimo». Ma Parisi non ci sta e tenta di scrollarsi di dosso questo licenziamento che gli è caduto «inaspettatamente» tra capo e collo: «Io vado avanti. Nessun passo indietro. Berlusconi si tenga Salvini, così perde».

Un fulmine a ciel sereno, dunque. «Non me l’aspettavo proprio – rivela Mr Chili – fino a domenica mi ha fatto i complimenti per la kermesse di Padova, ha marcato la differenza tra destra e popolari-liberali. Poi non so che cosa sia successo: è evidente che dovremo chiarirci». I suoi fan (non tantissimi) dentro Forza Italia pensano che tutto ancora possa succedere: lui ci spera anche perché non ha molti compagni di strada. Persino Alfano, per dire, si è defilato. E così, insiste: «Sono convinto che Berlusconi mi sosterrà, non mi molla. Non si fa guidare da Salvini. Non credo che in un weekend si cambi linea». La questione è delicata: sabato a Fondi (Latina) è in agenda una tappa del Megawatt tour organizzata anche dal senatore azzurro Fazzone con guest star forziste. Ma nessuno ieri era pronto a mettere la mano sul fuoco che non ci saranno cambi di programma. Si vedrà tra qualche giorno. Servirà un po’ più di tempo per chiarire se le critiche a Parisi (e lo scontro dei giorni scorsi con Salvini) servono a preparare il grande rientro di Silvio. Se si dà retta ad alcune voci, il Cavaliere potrebbe non disdegnare l’idea, sempre che la Corte europea di Strasburgo prenda in esame tra gennaio e febbraio il ricorso che ha presentato tre anni fa.

Al cuor non si comanda. Forse per questo la cena di lunedì sera ad Arcore da processo a Giovanni Toti si è trasformata in un j’accuse contro Parisi, con immensa gioia dello stato maggiore azzurro che lo considera «quasi morto». Non che a Berlusconi sia piaciuta l’uscita del governatore ligure sul palco con Salvini: «Evita fughe in avanti». Però l’ex premier si è reso conto che l’isolamento rischia di costargli caro: mezza Forza Italia sta bussando alle porte del Carroccio, i sondaggi danno il No in forte vantaggio, non è il caso di rompere l’alleanza con Lega e Fd’I: meglio puntare forte sul referendum per passare all’incasso. Tra una forchettata di penne con le melanzane e un branzino al forno, Toti l’ha messa giù piatta piatta: «Uno strappo così violento con Salvini non ti porta da nessuna parte».

Il cavaliere ha annuito, convinto che Parisi avesse rotto le ‘regole d’ingaggio’ secondo cui avrebbe dovuto rinnovare Forza Italia con energie nuove, senza autoproclamarsi «leader» come invece ha fatto sabato, peraltro evitando qualsiasi riconoscimento all’ideatore di quel partito. Il quale, volendo tener assieme i suoi e una parvenza di coalizione, volta pagina: un conto – il ragionamento che fa in queste ore – è rompere con Salvini il 5 dicembre per fare un governo per la legge elettorale, un conto rompere con questo Parisi che si è montato la testa senza peraltro avere tanta lana da tessere: «Chi sfascia la coalizione – conferma a Radio anch’io – è condannato all’irrilevanza». Ragion per cui, arrivati a questo punto, non gli dispiacerebbe convocare un vertice con Meloni e Salvini per dissipare le nubi: gli alleati, pur soddisfatti degli sviluppi, nicchiano. Vogliono aspettare il 5 dicembre per non regalare vantaggi al leader forzista con un summit a tre.