Venerdì 19 Aprile 2024

I grillini preferiscono il centrodestra. Ballottaggi utilizzati per punire il Pd

L'analisi dell'Istituto Cattaneo: uno su tre ha votato Forza Italia e Lega

Elezioni comunali 2017, Beppe Grillo al voto (Ansa)

Elezioni comunali 2017, Beppe Grillo al voto (Ansa)

Roma, 26 giugno 2017 - L’ONDEGGIAMENTO ambivalente del voto grillino, le difficoltà del centrosinistra renziano, lo svantaggio di non avere un leader riconosciuto per il centrodestra, l’estrema fluidità di una fase politica e le conseguenze che un sistema tripolare riserva nel turno di ballottaggio. Ma tra tutte la contiguità tra l’elettorato cinquestelle e quello di centrodestra. Ecco in sintesi le indicazioni che l’Istituto Cattaneo di Bologna elabora statisticamente dai dati di voto appena confluiti sezione per sezione e che provano a cogliere un senso il più possibile oggettivo alle indicazioni emerse domenica. Senza scordare le conseguenze che potrebbero emergere per le regioni un tempo ‘rosse’, ormai rosa sbiadito, in certi casi sbiaditissimo.

IL VOTO GRILLINO Estromessi in buona parte dei ballottaggi, i grillini sono stati decisivi al secondo turno. D’altra parte non potrebbe non essere così per una forza stimata del trenta per cento. Decisivi specie contro il centrosinistra. «Il M5S si conferma un attore strategico – spiega Marco Valbruzzi, del Cattaneo – e sposta i suoi voti dove fa più male. La contrapposizione frontale contro il Pd ha creato maggiori problemi ai dem che a loro». I voti grillini del primo turno al secondo sono finiti in buona parte nell’astensione, in parte, anche se minore, al centrodestra. Il centrodestra, secondo i calcoli del Cattaneo, è risultato di gran lunga più attrattivo per gli elettori grillini orfani del proprio candidato. In sostanza esiste una maggior vicinanza e permeabilità di temi tra l’elettore del centrodestra e il grilino di quanta ne esista tra il grillino e il centrosinistra. Ecco spiegato il motivo per cui una volta arrivato al ballottaggio, il Pd si trova in difficoltà sia con l’uno sia con l’altro, i cui voti finiscono per sommarsi contro il ‘nemico’ comune.

IL CENTRODESTRA UNITO È evidente che l’immagine del centrodestra che esce dal voto di domenica è quella di una formazione molto più unita tra gli elettori che nei leader. I leader lo sanno, ma da qui a metterlo in pratica alle politiche ce ne corre. «Anche se l’attuale legge elettorale non prevede l’esigenza di esprimere un candidato premier – dice Valbruzzi – ormai nella gente è passata l’idea che un qualcuno che ci mette la faccia, una faccia, ci vuole. E qui per il centrodestra viene il problema». Problema che per esempio non tocca il Pd, che bene o male, contestato o no, un leader ce l’hanno, Matteo Renzi.

TUTTO E' CONTENDIBILE Le regioni rosse sono ormai ex rosse da tempo, ma dopo questo turno amministrativo lo sono ancora maggiormente. Diciamo che al di là dei singoli risultati niente appare più come «non contendibile». Una tendenza in atto da tempo – forse dai tempi del crollo della rossa Bologna a opera di Giorgio Guazzaloca – ma che adesso arriva a mettere in discussione i santuari del consenso rosso. Col voto ieri, tanto per fare un esempio, il Pd non governa nella metà dei capoluoghi della Toscana. Il granaio rosso d’Italia che emerge dalle cartine del Cattaneo è il profondo sud. Calabria, Campania, Basilicata. Da sempre non un indicatore di buona salute per un partito, e ricordiamo i maliziosi sorrisetti pieni di sospetti che la sinistra mostrò per il famoso en plein azzurro in Sicilia in occasione di un turno politico.