Martedì 16 Aprile 2024

Sì all’Autonomia differenziata, il governo esulta. Regioni spaccate e sinistra in rivolta

La bozza di legge sui poteri dei governatori approvata dal Consiglio dei ministri. Calderoli: "Momento storico"

Roma, 3 febbraio 2023 - Il treno per l’autonomia differenziata è partito. La bozza di Roberto Calderoli, trasformata in un disegno di legge limato e corretto a lungo nelle ultime ore, è stato approvato dal Consiglio dei ministri. E segna il primo round vinto dalla Lega. Esulta quindi il padre della riforma: "È un giorno storico", scandisce il ministro per gli Affari regionali, convinto che sia "una riforma necessaria per modernizzare l’Italia" e che potrà farcela per la fine del 2023, come promesso. Sceglie toni più misurati Giorgia Meloni, che non partecipa alla conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri. Ma accoglie il voto come il primo step per "costruire un’Italia più unita, più forte e più coesa".

In realtà, si tratta del primissimo ok di una gimcana che si preannuncia più lunga di una riforma costituzionale (che richiede quattro passaggi tra Camera e Senato e altrettanti voti). E parecchio tortuosa, visto che coinvolgerà governo, Parlamento, Conferenza unificata e Regioni in un ping pong complesso che potrebbe scatenare anche il fuoco amico nella maggioranza. Dure le opposizioni, che contestano una riforma già ribattezzata "spacca Italia" per i rischi paventati di acuire le disparità tra Regioni. Il Pd va oltre e promette di alzare le barricate contro una proposta "irricevibile". Lo annuncia Stefano Bonaccini: "Siamo pronti alla mobilitazione".

Le Regioni e l'autonomia
Le Regioni e l'autonomia

Scuola, stipendi differenziati

Non potranno cambiare i programmi di studio e le procedure dei concorsi, salde nelle mani dello Stato. Ma potranno esserci forzature. Il Veneto, ad esempio, vorrebbe inserire fra le materie anche la storia dell’emigrazione dal Nord-est. La vera battaglia è sul reclutamento dei docenti e sulle retribuzioni. Potrebbero esserci stipendi differenziati su base regionale, o fondi ad hoc per integrare con reclutamenti locali i docenti che mancano. Così ci sarebbe anche una concorrenza fra le Regioni per attrarre gli insegnanti migliori. Sull’altro fronte potrebbero esserci vincoli sulla mobilità, magari favorendo il personale di una determinata area. Nell’organizzazione del lavoro nelle scuole, le Regioni potrebbero fare da sé per evitare la mobilità o creare un fondo per consentire ulteriori posti di lavoro in deroga. Potrebbero essere definiti su base regionale anche le graduatorie e i requisiti dei concorsi. Un modo per garantire, ad esempio, che l’anno scolastico possa cominciare con tutte le cattedre già coperte.

Più asili nido, senza limiti di abitanti

Altri due settori dove l’autonomia potrebbe giocare un ruolo decisivo sono servizi sociali e pensioni. Basti pensare agli asili nido, fissando soglie differenziate per il numero delle strutture. O sullo sviluppo di fondi ad hoc per la previdenza integrativa, materia su cui già sono giunte richieste da parte dei governatori. Anche in questo caso potrebbero esseri pensioni differenziate fra regione e regione, fermo restando le soglie minime per lasciare il lavoro che sarebbero decise a livello centrale.

Strade e treni a gestione diretta

Lombardia e Veneto hanno già chiesto di poter gestire strade, autostrade e ferrovie. Potrebbero così decidere le politiche di investimento nelle infrastrutture, coordinare i programmi di sviluppo o, ancora, ridefinire le tariffe. Stesso discorso per l’energia. Le Regioni potrebbero trattenere sul territorio il gas o l’energia prodotta localmente, favorendo lo sviluppo.

Tasse che restano sul territorio

Per finanziare i settori che passeranno sotto l’egida dei governatori, le Regioni potranno trattenere sul territorio una parte delle tasse raccolte con l’Irpef o con l’Iva. Ad esempio, la Lombardia, che spende 5,7 miliardi di euro all’anno per la scuola, potrebbe avere una compartecipazione del gettito fiscale che va nelle casse dello Stato per un pari importo. La legge prevede che il meccanismo di redistribuzione non dovrebbe togliere un euro ai trasferimenti verso le regioni più deboli. 

Sanità, avremo ticket diversi

Il Veneto vorrebbe avere mano libera sulla gestione dei contratti dei medici, aumentando gli stipendi o riorganizzando gli orari. In Emilia si punta a più autonomia in materia di accesso alle scuole di specializzazione. In entrambi i casi l’obiettivo è di attirare camici bianchi in un periodo e in zone dove tuttora scarseggiano. Ma autonomia significa anche la possibilità di stipulare accordi con le Università o come chiesto dall’Emilia, di stipulare per i medici, "contratti regionali a tempo determinato di specializzazione lavoro". Molte le sorprese anche per i cittadini. Potrebbero esserci, ad esempio, ticket o rimborsi differenziati a livello regionale. Stesso discorso anche per il pagamento delle prestazioni ambulatoriali o diagnostiche. Potrebbero anche essere decisi diversi metodi per la "compartecipazione" dei cittadini alle spese sanitarie, attualmente fissate su base nazionale. Infine, le Regioni potrebbero avere più poteri anche nella governance delle attuali aziende sanitarie e nella scelta dei manager.